Albero delle farfalle, Federico Barbarossa, Giovanni Pascoli ed un biancospino lumbardo (riflessioni di primavera)
NASCE UN BAMBINO A MONTE MARENZO, PIANTA UN BIANCOSPINO.
Mi è capitato tra le mani la bellissima “Guida alla flora del Parco dell’Adda “ che porta in copertina un ramo di biancospino.
Verso la fine della pubblicazione c’è un avvertimento a non fare diffondere nell’ambiente piante che non siano autoctone, per non stravolgere il bel paesaggio che ci appartiene.
Così ho scoperto che l’albero delle farfalle è di origine asiatica e deve essere estirpato con decisione perché molto invasivo.
C’è poi una pagina che invita a piantare non solo nelle campagne, ma addirittura nei giardini, nelle rotonde, nei luoghi pubblici, piante autoctone di biancospino, di rosa canina, di prugnolo perché utili per la fauna e ricchi di biodiversità.
Mi sono chiesta poi, incuriosita, da dove arriva il lauroceraso tanto diffuso ovunque.
Ebbene il lauroceraso è arrivato solo dopo il 1500 da Trebisonda, è addirittura turco, e così non c’era in Lombardia neanche al tempo del Barbarossa!
Il Lauroceraso è una pianta molto velenosa, si sono registrati casi di avvelenamento mortale anche con le foglie giovani, pericoloso soprattutto per un bambino. Inoltre è dannoso per la fertilità del suolo proprio per il veleno che contiene, ed è una pianta facile a ammalarsi e a perire miseramente.
Il biancospino, invece, era già sacro per i greci, che ne adornavano gli altari come simbolo di speranza e la leggenda narra che la corona di spine di Gesù fosse fatta con rami di biancospino.
Fino a pochi decenni fa le nostre campagne lumbarde erano segnate da siepi di biancospino, prugnolo, rosa canina, cariche di fiori profumati e di bacche terapeutiche. Eh sì, cari upperini, il biancospino ed il prugnolo sono abitanti padani più antichi di noi e così ben si adattano al nostro clima.
E per ultimo vi ricordate la stupenda poesia di Giovanni Pascoli:
Oh Valentino vestito di nuovo
Come le brocche del biancospino
Solo, ai piedini provati dal rovo
Porti la pelle dei tuoi piedini…
Come sarebbe stata la poesia se al posto del biancospino ci fosse stata una siepe di lauroceraso?
E così lancio una proposta ed un sondaggio tanto di moda.
L’Amministrazione comunale, da tanto tempo, per buon auspicio per ogni bambino nato pianta un albero.
Ci può stare l’idea di piantare anche piccoli alberelli di biancospino, di prugnolo, di rosa canina, qua e là, discreti ma forti e profumati protagonisti delle nostre colline?
Il Parco Adda regala piantine di biancospino. Anch’io posso regalare piantine di prugnolo.
Le api e gli uccelli ci ringrazieranno
Marilena
PS.
Il libro su Lorenzo Rota (vedi mio commento del 24 marzo) sarà presto disponibile in Biblioteca per il prestito.
Buona lettura.
🙂 marilena, puoi sempre invitarmi per un caffè, cosi litigo un po con gustavo per le antenne e le emissioni 🙂 🙂 🙂 :), di sicuro mi spiega e mi insegna qualcosa 🙂
ciao notte a tutti
rispondo ridendo a Emilio, che [ stato catturato dal titolo proprio come una farfalla, ma non ha trovato la ricetta. Invece devi sapere che con le bacche del biancospino si fa anche il caffe, senza caffeina, rilassante e che fa bene al cuore degli upperini Grazie per il tuo simpatico humor
“Tu vedi che questa mia fatica è poco più di una semplice enumerazione de’ vegetabili finora ritrovati nella Provincia di Bergamo. …//… E tu, leggendo in paese lontano questa raccolta, spesse volte tornerai colla mente e col cuore ai monti, alle valli, ai piani di questa terra che percorremmo
insieme, alle piante che vi trovammo; rinnoverai l’amore per questa mia patria, che quantunque estraneo, prediligi, ricordando le gioje ed i dolori che dividesti col tuo affezionatissimo amico Dr. Lorenzo Rota”
Quello che avete appena letto è uno stralcio tratto da “Prospetto della flora della provincia di
Bergamo” scritto in forma di lettera ad un amico zurighese da Lorenzo Rota nel 1853. Nato il 7 agosto 1818 a Carenno, fin da giovane sviluppa una spiccata passione botanica per il territorio bergamasco, creando una documentazione che si basa sull’osservazione diretta dei fenomeni e sullacquisizione dei reperti. Grazie a lui la maggioranza delle specie viventi nella bergamasca è stata elencata per la prima volta. Il risultato di tale lavoro è la realizzazione di un Erbario composto
da circa 10.000 esemplari della flora bergamasca, conservato nelle sale delle collezioni dell’Orto Botanico di Bergamo, consultabile solo su prenotazione ed esclusivamente per ragioni di studio.
A Lorenzo Rota è dedicato l’Orto botanico di Bergamo.
L’anno scorso è uscito il libro: Lorenzo Rota 150 anni dopo. Tracce ed eredità scientifica del medico e botanico che per primo descrisse la flora della provincia di Bergamo di Rinaldi Gabriele – ED. Orto Botanico di Bergamo e Comunità Montana Valle San Martino, 2009.
Il libro illustrato riporta molte specie che conosciamo e altre specie arboree che in soli 150 anni sono scomparse (interessante la mappatura del territorio sull’uso del suolo e sulle tipoòogie forestali di oggi confrontata con la mappatura di 150 anni fa).
Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2010 “anno internazionale della biodiversità”. Con l’inquinamento progressivo e con gli interventi dell’uomo sul territorio quante altre specie arboree (e animali) scompariranno?
non sono un amante delle letture, (che non siano tecniche e/o che in qualche modo soddisfino le mie curiosità) e di sicuro sbaglio, però preferisco cercare di viverle le cose piuttosto che leggerle, invece in questo caso incuriosito ( e sperando alla fine di trovare una ricetta :):):) ) mi sono letto l ‘articolo della nostra propinatrice di ricette ufficiale, e ho imparato qualcosa di nuovo.
grazie
ciao