L’acqua è un bene comune: difendiamola!
Nel consiglio comunale dello scorso 28 maggio, il gruppo consiliare “Un paese per star bene” ha presentato un ordine del giorno dal titolo “Per il mantenimento pubblico dell’acqua” per esprimere un giudizio fermamente negativo e contrario rispetto all’art. 15 del cosiddetto “Decreto Ronchi”, approvato lo scorso novembre. Questa è l’ultima di una serie di norme, le prime sono datate metà anni 90, che hanno avviato nel nostro Paese un processo di privatizzazione del servizio idrico. La novità di questo decreto è che introduce il concetto di RILEVANZA ECONOMICA, ossia riconosce nel servizio idrico un servizio a rilevanza economica che deve quindi essere messo necessariamente sul mercato e sottostare alle leggi del mercato stesso e della libera concorrenza. Noi riteniamo che il servizio idrico e quindi l’acqua non sia un bene di rilevanza economica, non sia un bene che debba sottostare alle leggi del mercato, ma vada garantito come un diritto di tutti.
Questo perché riteniamo l’acqua essere un bene comune dell’umanità, un bene essenziale e insostituibile per la vita. L’accesso all’acqua è un diritto umano, universale, indivisibile e inalienabile: come tale non può che essere un bene pubblico privo di rilevanza economica e deve essere garantito a tutti.
Ci sono inoltre alcuni aspetti che vanno attentamente analizzati prima di esprimere una preferenza tra pubblico e privato.
L’acqua è un bene scarso e va preservata attraverso la cura del territorio, la manutenzione dei bacini idrografici, la tutela dei corpi idrici e delle aree di salvaguardia. In Italia manca una cultura diffusa dell’acqua, i fiumi e i torrenti sono inquinati nell’indifferenza di molti, le sorgenti non sono protette, l’acqua viene sprecata come se fosse un bene inesauribile. Ebbene non è così: l’acqua è un bene fisicamente limitato e come tale va prelevata e gestita secondo criteri efficienti. Questa azione non può essere realizzata da un soggetto privato, poiché colui che dovrà gestire un servizio, e quindi anche distribuire una risorsa, avrà come obiettivo quello di aumentare la quantità di prodotto venduto anno dopo anno.
Una conferma di ciò viene dall’analisi dei “piani di ambito”, ossia dai piani attraverso i quali si gestisce la risorsa idrica: essi prevedono nei prossimi anni un aumento dei consumi pari al 18% circa! Ciò significa che i gestori privati prevedono un aumento di quella che è la vendita del proprio prodotto. Al contrario, bisognerebbe approntare politiche di risparmio idrico, politiche di uso sostenibile della risorsa: questo, i soggetti privati, anche legittimamente rispetto a quella che è la propria “mission” imprenditoriale (FARE UTILI), non lo possono garantire, lo può garantire esclusivamente una gestione realizzata attraverso enti pubblici, proprio perché il loro primo obiettivo è garantire un servizio.
Occorre assicurare la migliore manutenzione delle reti di distribuzione, combattendo ogni forma di spreco. Quindi anche le infrastrutture del servizio idrico (acquedotti, depuratori e fognature) devono necessariamente essere beni pubblici, da gestire con criteri di efficienza ed economicità secondo logiche industriali in grado di assicurare costi sostenibili e qualità del servizio.
Proprio per questo motivo si sono introdotti da metà anni 90 i soggetti privati: quello che ci era stato raccontato, nel momento in cui si era avviato il processo di privatizzazione, era che lo Stato non poteva fare più fronte ai costi di gestione del servizio idrico, agli investimenti necessari per ristrutturare la rete idrica che ormai è vetusta e è definita un colabrodo e che dovevano intervenire soggetti privati perché solo loro potevano apportare i capitali necessari. Quello che si sta registrando, e tutti i dati concordano su questo fatto, è una netta diminuzione degli investimenti: all’inizio degli anni 90 gli investimenti annui erano pari a circa 2 miliardi di euro l’anno, oggi si registrano investimenti pari a circa 700 milioni di euro l’anno (il 65% in meno!!).
Nel corso degli anni si è registrato inoltre un aumento costante delle tariffe perché, oltre ai costi di gestione, il soggetto privato deve prevedere all’interno della tariffa, così come dice la legge, un profitto che noi come cittadini e utenti paghiamo al gestore.
Questi ultimi dati dimostrano che con l’avvento dei soggetti privati alla gestione dei sistemi idrici, ci sono state da una parte un innalzamento delle tariffe per garantire il profitto ai soggetti e ai gestori privati e dall’altra una diminuzione degli investimenti e anche della qualità del servizio.
A dimostrazione di queste tesi, ci sono esempi che vengono dall’estero: Parigi, Siviglia, alcune zone del Belgio, dopo alcuni anni di gestione privata dell’acqua, una volta scaduti i vari termini di affidamenti, sono tornati ad una gestione pubblica del servizio idrico.
Con il presente ordine del giorno si intende quindi assumere come obiettivi irrinunciabili dell’azione politica e amministrativa i seguenti punti:
- la tutela delle acque e delle infrastrutture ad essa legate, con la riduzione di dispersioni, sprechi ed usi inappropriati;
- l’accessibilità per tutti, garantendo l’equità delle tariffe e la massima qualità ed efficienza del servizio;
- un uso razionale della risorsa che operi dal lato dell’offerta e non si limiti a rincorrere la domanda;
- la copertura totale del servizio di depurazione sull’intero territorio nazionale.
Per il loro raggiungimento si propongono i seguenti strumenti:
– una gestione industriale virtuosa del servizio idrico integrato che garantisca guadagni per realizzare economie di scala, assicurare qualità omogenea e controllabile dei servizi, garantire sicurezza degli approvvigionamenti idrici ed efficienza nella depurazione;
– un quadro normativo chiaro e stabile che metta fine alla continua incertezza prodotta dai ripetuti interventi del legislatore;
– una forte regolazione pubblica, attuata da un coordinamento nazionale di cui siano compartecipi Stato e regioni, che consenta di definire standard, monitorare i risultati, applicare eventuali sanzioni e quindi incentivare qualità, efficienza e risparmio per migliorare il servizio e garantire al tempo stesso equità e uso sostenibile della risorsa acqua.
In ogni caso, si ritiene che debba essere lasciata agli enti locali, veri rappresentanti dei territori, la possibilità di scegliere i modelli di gestione che riescono meglio ad integrare gli aspetti ambientali e sociali, con quelli legati all’efficienza, efficacia ed economicità dei servizi, tra tutte le possibilità previste dalle norme, inclusa la gestione pubblica.
Si esprime infine la più ferma contrarietà per le norme che il governo ha fatto approvare attraverso il voto di fiducia e che spingono di fatto verso una privatizzazione forzata, portando al rischio di monopoli privati nelle mani di poche grandi aziende spesso del tutto estranee ai contesti territoriali in cui viene svolto il servizio; norme presentate sotto il titolo di obblighi comunitari quando in realtà non c’è alcun atto comunitario o sentenza europea che imponga di forzare l’ingresso dei privati nel servizio idrico integrato.
A conclusione della presentazione si è tenuto in consiglio un dibattito molto interessante, in cui ogni consigliere ha esposto la sua posizione al riguardo.
Quello della gestione dell’acqua è un tema molto delicato che tocca le coscienze e le tasche di tutti noi; ciò si evince anche dalle diverse posizioni tenute dai consiglieri, anche se un dato di fondo comune rimane: la proprietà del servizio idrico deve rimanere pubblica.
Sulla base di ciò, e accomunati dall’idea che riuscire a trovare un accordo su un ordine del giorno da approvare all’unanimità sarebbe un bel segnale, il consiglio decide di rimandare la votazione sul testo.
Questo ordine del giorno ha avuto l’innegabile pregio di avviare, all’interno del nostro paese, una discussione su questo importantissimo tema: chiediamo ora a voi, cari amici di UPPER, di riportare nei commenti a questo articolo le vostre idee, posizioni, proposte al riguardo.
L’acqua è un bene comune: DIFENDIAMOLA!