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Trent’anni dopo

 

167_0810_panelA metà dell’anno 2008 l’Amministrazione comunale propone ai residenti del complesso di Edilizia convenzionata di via Prato della Sorte e di via della Pace, che hanno gli alloggi costruiti sulle aree in diritto di superficie, di acquisire la proprietà del terreno, dietro il versamento al comune di un onere. Questo onere, in pratica, è la rivalutazione del prezzo del terreno tra la prima cessione e quest’ultima. E’ un diritto che la legge regionale riconosce agli assegnatari degli alloggi realizzati nei Piani di edilizia economico-popolare, trascorso un determinato numero di anni, di entrare in possesso del terreno sul quale è edificato il loro alloggio.

Su questo provvedimento la minoranza consiliare ha presentato una mozione per provocare una discussione su alcuni aspetti ritenuti non legittimi, che in sintesi sono:

  • il comune ha prorogato il termine del bando per la trasformazione delle aree in diritto di superficie in proprietà, dopo la scadenza del termine precedente, e comunque tale proroga doveva essere assunta dal Consiglio comunale e non dalla Giunta;
  • l’altra osservazione sottolinea che l’iniziativa dell’Amministrazione è stato assunta dietro impulso degli assegnatari e non per autonoma decisione dell’ente locale;
  • infine si richiama l’attenzione sul fatto che alcuni consiglieri e assessori dovevano astenersi dal partecipare alla votazione del provvedimento in quanto legati da rapporti di parentela con assegnatari nelle aree PEEP.

Ne è nato un approfondito esame e un dibattito interessante, che ha visto l’intervento appassionato dei consiglieri e la ricostruzione della storia di questi trent’anni di edilizia convenzionata a Monte Marenzo.

E’ toccato al sindaco chiarire gli aspetti legali sollevati dal gruppo di minoranza, soffermandosi sugli aspetti più controversi:

  • la proroga dei termini assunta dalla Giunta non ha modificato i criteri dettati dal Consiglio Comunale. I soggetti interessati alla deliberazione sono da individuarsi esclusivamente negli assegnatari in diritto di superficie, e pertanto non risulta leso alcun principio di uguaglianza e di trasparenza verso nessuno, anche perché non si tratta di una gara o di una trattativa per le quali la riapertura dei termini potrebbe concedere delle chance a soggetti che in precedenza non erano intervenuti;
  • è vero che gli amministratori devono astenersi da discussioni e votazioni su delibere i cui beneficiari, o interessati, abbiano con loro un rapporto di parentela sino al quarto grado, ma per il caso in questione non sussiste alcun profilo di illegittimità e soprattutto un concreto interesse degli amministratori che hanno partecipato alla deliberazione. E questo perché, a parere anche dei legali consultati, “gli elementi portano esclusivamente a precisare che la facoltà concessa ai Comuni dalla legge n. 448/1998 all’art. 31, comma 45, è rivolta a dei soggetti ben determinati e sui quali non vi è alcuna possibilità di scelta per la cessione in proprietà delle aree comprese nei Piani ex lege n. 167/ 962”. In sostanza l’Amministrazione ha adottato un atto che non può riguardare nessun altro che tutti i proprietari che hanno un alloggio edificato su area in diritto di superficie;
  • da ultimo il sindaco ha ripetuto che l’Amministrazione ha agito nel pieno rispetto della legalità e della trasparenza e chiarito che, se alcuni atti dovevano essere scritti meglio per illustrare il procedimento seguito, il segretario può sempre proporre una loro rettifica, perché esiste la norma che consente di farlo (principio dell’autotutela da parte dell’organo che ha proceduto alla deliberazione).

Rispondendo a precise sollecitazioni del capogruppo di minoranza Anna Maria Mangili e del consigliere Christian Malighetti, Angelo Gandolfi ha cercato di spiegare il senso del provvedimento.

Innanzitutto ha ricordato che la realizzazione delle case popolari è avvenuta a cavallo tra gli anni’70/80, con due obiettivi: dare la possibilità a 72 famiglie di avere un alloggio e fare una trasformazione urbanistica importante con una buona qualità architettonica e ambientale; e così è stato.

A distanza di trent’anni delle prime concessioni è assolutamente legittimo che chi vi abita chiedano il riscatto del terreno su cui è edificata la loro casa di proprietà, anche qui per molti motivi validi:

  • alcuni hanno la necessità di vendere il loro appartamento (trasferimenti per lavoro o altro, esigenze di alloggi più grandi, desiderio della casa singola, mutate composizioni familiari, ecc.), possibilmente senza essere penalizzati nella vendita perché il terreno che sta sotto la loro casa è del comune per novant’anni;
  • in una fase in cui le pubbliche amministrazioni hanno grosse difficoltà economiche e finanziarie, è positivo che il nostro comune trasformi la destinazione di superficie i proprietà, perché incassa il prezzo rivalutato di lotti che non servono ad altro che ospitare gli alloggi che vi sono edificati sopra, per utilizzare queste risorse in favore della comunità;
  • gli assegnatari in diritto di superficie dell’area 167, a seguito dell’acquisto del terreno del loro alloggio, sono parificati agli altri assegnatari che nella stessa area erano già proprietari del loro lotto di terreno.

Gandolfi ha voluto fugare i dubbi sul costo di cessione (che varia dalla dimensione dell’alloggio e dagli anni in cui è stato assegnato) citando un dato: dopo un anno e mezzo di apertura di detta facoltà, dei 44 aventi diritto solo 11 hanno aderito, evidenziando, a suo parere, che il prezzo è più vantaggioso per il comune che per gli abitanti della 167. Il consigliere, inoltre, ha avanzato la proposta di adottare un provvedimento consiliare che lasci sempre aperta la possibilità di cessione di queste aree, mentre il comune dovrebbe periodicamente provvedere ad adeguare l’onere di acquisizione. La proposta, tutta da valutare sul piano tecnico-economico, non ha trovato contrari i consiglieri comunali.

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