Una lunga premessa e due belle ricette di aprile
Domenica scorsa andavo per erbe selvatiche in compagnia della mia mamma (ottantacinquenne) e di Valeria, una mia cara amica. Andavo per Santa Margherita, Piudizzo, Costa, e riflettevo…
E’ proprio un bel paese dove si sta bene quello che ti offre ancora tanta ricchezza di piante selvatiche buone da mangiare, e mentre le scopri tra l’erba, alzi lo sguardo e tutt’intorno vedi un panorama invidiabile di colli fioriti di ciliegi bianchi, di prati pieni di fiori gialli, di campi coltivati…
Una bambina mi si è avvicinata mentre raccoglievo la silene sulla via per Piudizzo:“Cosa cerchi?”, mi ha chiesto. “Quest’erba buona per far la minestra” le ho risposto. E’corsa dalla mamma a mostrarla, era felice per la scoperta ed io sorpresa per il suo interesse. La mamma le ha risposto: ”la conosco, è la sfregolina”.
Ecco, un territorio che ha ancora memoria è un bel territorio.
La silene ha tanti nomi dialettali: verzet, curnagina, sfregolina, laciarel, saliset, e tante mani che ancora la raccolgono per metterla in minestra o in frittata.
Qui ora mi permetto di dare due ricette popolari, una con l’ortica e l’altra con il tarassaco, ma la mia piccola riflessione che vorrei passarvi e che viene dalla mia esperienza personale è questa: dietro ad un erba selvatica c’è sempre una nonna o un nonno che ci hanno insegnato a riconoscerla e a tramandarne la popolarità. Andar per prati e boschi con i propri cari fa molto più famiglia che bere insieme una coca o mangiare un piatto di lasagne barilla!
Buone passeggiate lente e pazienti alla ricerca della vostra erba preferita…
MINESTRA DE ORTIC (Per 4 persone)
200 g di riso
1,2 litro di latte (anche di brodo)
1 manciata di germogli di ortiche raccolte in luoghi salubri con l’uso di guanti da cucina
1 noce di burro
formaggio grattugiato
sale se si usa il latte
Tritare le ortiche
Portare ad ebollizione il latte e buttarvi riso e ortiche
A cottura ultimata insaporire con il burro e servire la minestra ben calda con il formaggio.
SCIROPPO SALUTARE DI FIORI DI TARASSACO
In una bella giornata di sole raccogliete 4 manciate di fiori gialli di tarassaco senza sciupare i prati, copritele in una pentola con un litro d’acqua. Portate a bollore e appena dopo un minuto o due di bollore spegnete e lasciate a riposare il tutto fino al giorno dopo.
Spremete il succo sciropposo e unitevi un kg di zucchero e mezzo limone tagliato a tocchetti. Riportate nella pentola e fate bollire lentamente, spegnendo e lasciando raffreddare per due volte. Si dovrà ottenere una consistenza sciropposa e densa. Sembrerà un po’ liquido, ma con il tempo si cristallizzerà, proprio come un vero miele di tarassaco, ricco di proprietà inestimabili.
Spalmato la mattina sul pane vi darà quel giusto contrasto dolce amaro per cominciare nel verso che preferite la giornata.
Se vi appassionano le buone erbe selvatiche, che sono anche gratuite, potete farvi aiutare dal libro:
“Andar per erbe sui monti lecchesi “di Maria Rita Colombo edito da Stefanoni:
Se invece avete esperienze dirette, vi prego proprio di condividerle con noi tutti, grazie.
Ah, ecco! La silene è quell’erba coi fiori a palloncino che da bambini giocavamo a farli “scoppiare”: i più abili riuscivano a produrre un piccolo botto.
La mia mamma lo fa lo sciroppo di fiori di tarassaco!
Condivido in pieno il pensiero sulla memoria, la memoria è la nostra più grande ricchezza perché ci aiuta a preparare il futuro.