La Casciàda. Il bosco incantato di Salvatore Monteduro
In Valle San Martino c’è un bosco.
Incantato.
Venite a scoprirlo.
Venite a costruirlo.
Venite ad ascoltarlo.
Questi gli slogan pubblicitari di una eventuale campagna di comunicazione per coinvolgere turisti e visitatori a godere della particolarità di un bosco nella nostra valle.
E’ solo un esercizio accademico quello presentato ieri da Salvatore Monteduro in sala civica a Monte Marenzo, nell’ambito della 21^ Sagra del fungo, invitato dalla nostra Associazione culturale UPper ad illustrare la sua tesi di laurea dal titolo “La Casciàda”. Progetto per una valorizzazione ambientale, culturale e turistica della Valle San Martino.
La Casciàda è un termine mutuato dalle testimonianze orali raccolte da Cristina Melazzi per il libro edito dalla Biblioteca e dal Comune “Monte Marenzo tra storia, ambiente, immagini e memori”, dove Giovanni Ravasio, Bambina Milani, e Angelo Gandolfi raccontano che “Nel cuore della notte si sentiva una muta di cani che abbaiando furiosamente scendeva dal monte Santa Margherita, seguiva il corso del torrente Bisone a grande velocità e si dileguava verso l’Adda attraverso la Val Màrscia e il Bosch di Archèc.
Era la “casciàda”. I vecchi raccontavano che era una manifestazione del demonio, il quale dava la caccia alle anime dannate portandosele via. Ai bambini si raccomandava di non uscire nelle ore buie, perché chi si
imbatteva nella “casciàda” non sarebbe sopravvissuto al terribile spavento.
Il nome richiamava i latrati incessanti del branco di segugi lanciati all’inseguimento della preda nelle battute di caccia.”
Salvatore Monteduro, nella sua ricerca sulla Valle san Martino, si è imbattuto in questo termine trasformandolo in un vero e proprio “Logo” per un “bosco incantato”.
Un bosco con un percorso attrezzato con infrastrutture a basso impatto ambientale. Un bosco ricco di suggestioni, rumori, suoni. Un bosco che prevede la partecipazione attiva dei suoi visitatori che possono utilizzare strumenti di conoscenza e pratici opportunamente progettati.
La sua ricerca lo ha condotto più volte a Monte Marenzo per incontrare Angelo Gandolfi come ex presidente della Comunità Montana Valle san Martino (Angelo è divenuto poi Correlatore della tesi di Monteduro). Angelo Gandolfi e Sergio Vaccaro lo hanno indirizzato ad approfondire alcuni aspetti del progetto e ad incontrare il Coordinatore dell’Ecomuseo Valle San Martino, Fabio Bonaiti (nella tesi c’è una sua intervista) e Valter Biella che lo scorso dicembre a Monte Marenzo, durante l’esibizione di baghèt a Casa Corazza, aveva raccontato di come, dai piccoli rami e dalla corteccia degli alberi, è possibile costruire strumenti effimeri che suonano e vibrano (visitate il sito http://www.baghet.it/).
Salvatore ha incontrato anche Renato Greppi, Assessore e Guardia ecologica, che lo ha condotto nei boschi di Monte Marenzo per mettere in pratica il suo progetto di tesi.
Nasce così “La Casciàda”, si immagina un bosco di Monte Marenzo (l’ipotesi di scuola è l’area di proprietà della Comunità Motana, limitrofa al Parco Penne Nere) e si ipotizza un Format per la valorizzazione delle aree boscate per accogliere visitatori e svolgere attività legate alle stagioni (quella del flauto, del lupo, della foglia).
Nato come progetto di laurea presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano (Monteduro si è laureato con 110 e lode nell’aprile di quest’anno), è oggi un argomento aperto e un punto di incontro tra pratica progettuale e realtà territoriale. Chi fosse interessato a ricevere materiale integrativo o informazioni più specifiche scriva a monteduro.s@gmail.com o guardi il suo sito http://www.lacasciada.it/ dove si può scaricare anche la presentazione fatta ieri a Monte Marenzo http://www.lacasciada.it/download.htm.
Ecco come Salvatore Monteduro nell’abstract della tesi, illustra il senso del suo progetto:
L’affermazione della necessità di uno stretto rapporto tra uomo e territorio non scaturisce da scelte localistiche o di stampo conservatore che, con vigore, si affermano oggi sulla scena politica nazionale ed internazionale. È frutto invece di una scelta culturale che vede nel ritorno ai localismi, una duplice occasione: da un lato quella di contrastare l’omologazione globale e salvaguardare le singole identità locali; dall’altro quella di generare opportunità professionali ed imprenditoriali nuove che destabilizzino l’attuale situazione di ristagno.
In quest’ottica, il processo di design non è da intendersi in maniera tradizionale come pratica per dare forma a prodotti commerciali, ma va interpretato come strumento intellettuale necessario a risolvere problematiche più ampie e complesse.
Tra queste vi è certamente quella del progressivo abbandono della montagna italiana, luogo che in passato ha fornito all’uomo ricchezza e materie prime e che oggi si vede privata delle cure che un tempo le erano riservate: dalla manutenzione dei boschi a quella del sottosuolo, dalla cura dei sentieri alle importanti opere di regimazione idrica.
A tal proposito non fa eccezione la Val San Martino, un territorio montano e sub-montano situato all’interno del quadrilatero formato dalle città di Milano, Como, Lecco e Bergamo e che è stato assunto come area geografica di riferimento.
Partendo da queste premesse ci si è chiesti se sia possibile convertire un’area montana, oggi completamente trascurata, in un luogo di interesse in grado di restituire vitalità e risorse all’intero territorio.
Questo progetto tenta di rispondere a tale quesito con una proposta progettuale che, dall’analisi strategica dell’area in esame, arriva a elaborare strumenti e attività pratiche utili a ristabilire l’ancestrale rapporto tra l’uomo e la natura, fatto di saperi, pratiche, credenze.
Nelle foto di Adriano Barachetti la conferenza tenuta ieri in Sala Civica a Monte Marenzo con Salvatore Monteduro.
I funghi sono parte della ricchezza racchiusa nei boschi: per un giorno la Sagra mette in bella mostra la grande varietà di questi piccoli e molto ambìti ‘tesori’ nascosti, che costituivano una integrazione non secondaria alla dieta contadina.
Anche grazie a questo rimando al ‘come eravamo’, l’appuntamento di Monte Marenzo è da sempre così atteso e frequentato.
L’occasione giusta, quindi, per invitarci ad ampliare lo sguardo sui nostri boschi e sul loro destino…
Mentre nell’area espositiva e all’aperto si muoveva, favorito dal clima settembrino, il fitto andirivieni di curiosi e appassionati, un più piccolo ma attento gruppo di spettatori si è avventurato, in sala civica, in quest’altro suggestivo percorso tra i boschi, anzi dentro il bosco incantato della Casciàda: viaggio virtuale, per ora, ma pieno di indicazioni concrete e attuabili.
Davvero un bel lavoro, quello di Salvatore, ben costruito e fortemente motivato, ragionato e appassionato, che ha suscitato la curiosità e l’apprezzamento anche di tutti noi.
I lettori di UPper hanno da Sergio tutte le indicazioni per conoscere meglio il progetto presentato.
Da parte mia non posso fare a meno di sottolineare come, scegliendo un richiamo a quell’antico racconto di paese per un format di attualità, si sia attuato un felice passa-parola, che dà un senso nuovo al patrimonio culturale ‘popolare’.
E’ letteralmente passata la parola, da una generazione ad un’altra, trasformandosi: un racconto di memoria ha dato spunto per individuare quel nucleo di valenza ‘emotiva’ che il bosco racchiude e che oggi può forse aiutare a salvarlo.
Una narrazione dalle radici antiche dà il nome a un progetto di salvaguardia e di buon uso del patrimonio-territorio, per il nostro futuro.
Grazie ai custodi della memoria e onore ai giovani e alle loro idee.
Questa nuova Casciàda è un’opportunità che le istituzioni potranno forse utilmente mettere a frutto.
Sarebbe bello e non impossibile…!
Cristina