Lavoro, lavoro, lavoro
1 Maggio, Festa del lavoro. La Repubblica Italiana pone il lavoro al primo articolo della Costituzione.
Ma quale lavoro possiamo festeggiare oggi?
Alla Eucasting di Monte Marenzo tutti i 72 dipendenti sono in contratto di solidarietà rinnovato per il 4° anno, la situazione è simile per 33 lavoratori alla Bettini e 61 della Kong di Monte Marenzo.
Questi i dati solo nel settore metalmeccanico delle aziende di Monte Marenzo.
In Valle San Martino sono tra i 600 e 700 i lavoratori alle prese con ammortizzatori sociali, il che fa comprendere la portata delle difficoltà del settore che per decenni ha rappresentato il traino dell’economia della nostra zona.
Se poi guardiamo in tutti gli altri comparti della provincia, in base ai dati forniti dall’Inps di Lecco, nei primi tre mesi dell’anno in corso sono state richieste 3.549.542 ore di cassa integrazione, in aumento rispetto all’anno scorso.
Complessivamente nel 2005 sono state usate poco più di due milioni di ore di cassa integrazione, nel 2011 siamo passati a oltre 14 milioni di ore, sette volte tanto.
I dati che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell’Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di marzo rileva un boom di poco meno di 100 milioni di ore di cassa integrazione in tutta Italia nei primi 3 mesi del 2012. E’ il peggiore risultato degli ultimi dieci mesi.
Dal rapporto della Cgil emerge che al primo posto per ore di cassa integrazione autorizzate a febbraio c’è la Lombardia con 58.203.451 ore che corrispondono a 111.930 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore).
Ci sono poi i dati della disoccupazione, in particolare quella giovanile.
“Il lavoro deve essere una priorità” dice il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde.
L’Italia per crescere si deve impegnare a creare nuovi posti di lavoro. Dicono in coro tutti, Governo e sindacati.
I dati parlano chiaro, in Italia non scherziamo, dagli ultimi dati emergono punte di disoccupazione del 9,3%, un livello che non si vedeva da 8 anni a questa parte. Soprattutto i nostri giovani, trovano difficoltà nell’inserirsi nel mondo del lavoro. Ancor più preoccupanti sono i dati sulla quota dei senza lavoro tra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, che si attesta ormai al 32% circa.
In provincia di Lecco un giovane su cinque sotto i venticinque anni è in cerca di lavoro.
La presenza di giovani nelle aziende della provincia è in forte calo. L’età media dei dipendenti delle aziende lecchesi in tre anni è passata dai 37 anni ai 41 anni. Il dato lecchese è peggiore di quello regionale.
Il precariato armai è una condizione rilevante per chi ha un lavoro: il 12,4% degli occupati ha un contratto non standard. Percentuale che raddoppia (54%) nel caso dei giovani tra i 18 e i 29 anni. Solo il 10% di loro ha un contratto indeterminato, poco meno del 10% è lavoratore autonomo, mentre l’8% ha un apprendistato e il 25% ha un contratto atipico. Solo il 37% di chi ha un contratto di lavoro parasubordinato e simili è passato ad un impiego stabile.
A Lecco Il 65,8% della popolazione attiva ha un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e il 18,2% un’attività autonoma continuativa. L’1,4% dei lavoratori ha un contratto di apprendistato.
Per chi cerca lavoro solo il 16% trova un impiego a tempo pieno e un posto fisso ma la stessa percentuale trova un lavoro atipico.
Quasi il 60% è rimasto disoccupato e il 10% ha smesso di cercare un lavoro.
Sì, c’è chi rinuncia addirittura a cercarselo un lavoro.
In Italia le persone disponibili a lavorare, ma che hanno rinunciato a cercare un impiego sono salite a 2,8 milioni nel 2011, pari all’11,6% rispetto al totale delle forze lavoro. Si tratta di un record negativo all’interno dell’Unione europea. Lo dice l’Istat in un comunicato, precisando che si tratta del livello più elevato dal 2004.
A questo gruppo di inattivi corrispondono al 16,8% delle forze di lavoro femminili, a fronte del 7,9 % degli uomini.
A riguardo il report sottolinea che “oltre allo scoraggiamento, la cura dei figli e/o dei familiari rappresenta per la componente femminile il motivo più significativo della mancata ricerca del lavoro, interessando una donna su cinque”, mentre per “la componente maschile rimane, invece, rilevante l’atteggiamento di attesa dei risultati di passate azioni di ricerca”.
Continua anche la crescita di questa tipologia anche tra i 15-24enni: dal 30,9% delle forze di lavoro giovanili del 2010 al 33,9% del 2011.
Un esercito di cinque milioni sono le persone che in Italia aspirano a un lavoro. Lo rileva l’Istat, ricordando che nel 2011 gli inattivi che non cercano un impiego ma sono disponibili a lavorare sono 2,9 milioni, rappresentando un aggregato più ampio di quello dei disoccupati in senso stretto, pari a 2,1 milioni.
Ai giovani sono dedicate alcune norme volte a facilitarne l’ingresso sul mercato del lavoro, consentendo loro di svolgere tirocini finalizzati all’iscrizione negli albi professionali già durante l’ultimo biennio di studi, prima del conseguimento della laurea specialistica o magistrale
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/cresci_italia/
Aspettiamo che si traducano in fatti le enunciazioni del Governo sulla valorizzazione delle giovani generazioni, premiando le capacità innovative, l’intraprendenza, la lungimiranza e la preparazione, in una parola: il merito.
Morti per crisi. Il numero delle persone disperate, imprenditori ma anche operai rimasti senza lavoro, che decide di togliersi la vita segue un’escalation impressionante. Ne abbiamo contati ben 13 negli ultimi due mesi. Diventano notizia i casi più eclatanti, che in qualche modo ‘vogliono’ suscitare clamore. Ora se ne parla molto, ma in realtà non è un’emergenza dell’era Monti lacrime e sangue: già dal 2008, i suicidi per motivi economici sono aumentati in Italia del 24,6%. A fronte di 150 suicidi e 204 tentati suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 – ultimo anno disponibile – i gesti estremi sono saliti a 187 per i suicidi e a 245 per i tentativi di suicidio.
Si arriva alla disperazione spesso per i ritardati pagamento di quanto dovuto ad opera della Pubblica amministrazione. Il resto lo fanno la stretta creditizia bancaria e la pressione fiscale (leggi Agenzia delle Entrate ed Equitalia) da record mondiale.
Nel primo trimestre dell’anno si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unità, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese (-1.675 in Lombardia).
Giacomo mi segnala che, dopo la chiusura delle loro aziende, alcune persone sono riuscite a portare avanti la loro professione attraverso social network specializzati dove chiunque può iscriversi e pubblicare il proprio curriculum, tenersi in contatto con altre conoscenze e dare visibilità alle aziende che cercano personale del proprio stato occupazionale (disoccupato, mobilità, …) e delle proprie conoscenze/competenze professionali.
Sicuramente può essere utile saper presentarsi con un curriculum vitae in formato europeo.
La Biblioteca, ogni primo lunedì del mese, dalle 20.15 alle 21.15, un operatore sarà a disposizione degli utenti per aiutare a compilare il proprio CV secondo i criteri attualmente richiesti dal mondo del lavoro.
Il servizio va prenotato chiamando in biblioteca la domenica mattina, dalle 10 alle 12 al 0341 602240.
Concludendo questa lunga indagine sul mercato del lavoro auspichiamo che l’annunciata riforma del Governo Monti-Fornero dovrebbe consistere nel ridurre in misura considerevole, e nel minor tempo possibile, il numero di lavoratori precari, aumentando le tutele e non ridurle.
Così come è ormai il tempo di pensare alla crescita di questo paese.
Non a caso il 1 Maggio di quest’anno i Sindacati sono uniti nello slogan ‘Lavoro e crescita per uscire dalla crisi’.
Buon 1 Maggio a tutti.
L’elenco di imprenditori e lavoratori suicidi e dei tentati suicidi per crisi si allunga ogni giorno.
Anche in Valle S. Martino un tentativo (leggete a questo link
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/643511/ ).
Nel mio articolo non ho incluso il fenomeno esodati (brutto termine per indicare i lavoratori che hanno raggiunto accordi con l’azienda per un accompagnamento alla pensione ma che, con la riforma Fornero si trovano in mezzo al guado: non hanno più né lavoro né pensione. Non ho i dati della valle San Martino (del resto chi li ha?). Oggi il Governo vara un decreto che dovrebbe sistemare 65 mila lavoratori ma il sindacato (a ragione) dice che non basta, visto che si parla di oltre 200 mila esodati.
E sul lavoro ci sarà, per la prima volta, una manifestazione unitaria dei sindacati il 2 giugno, festa della Repubblica, fondata sul lavoro, simbolicamente per rafforzare questo concetto trascurato fino a ora. Poi c’è un aspetto sostanziale: nella crisi che stiamo vivendo la dimensione del lavoro è quella più sacrificata. Il messaggio al Governo è chiaro: bisogna cambiare.
In questa drammatica crisi, il Primo Maggio, coi suoi cortei colorati, il suo megaconcerto in Piazza S. Giovanni, le sue mille iniziative di contestazione e di festa sparse per buona parte del mondo, forse poteva sollevare un dubbio: ma è lecito cantare anche nei periodi bui?
Nei periodi bui è necessario cantare, perché il canto sa infondere nello spirito il vigore non violento del risveglio e del riscatto, perché è il compagno che ci solleva dalle fatiche del viaggio verso un mondo migliore, perché se alla meta arriveremo cantando sarà senz’altro un mondo migliore.
Vi prego non considerate questo una bestemmia rispetto alla fosca fotografia sull’occupazione nella nostra comunità e dei territori a noi prossimi, che Sergio ci ha così bene descritto.
Sono convinto dei limiti insormontabili che incontrano le più sofisticate tecniche e manovre economico-finanziarie anticrisi, se nel Paese manca una tensione ideale, un pathos che non si macera nel rancore, ma esprime la gioiosa consapevolezza che i lavoratori e quanti aspirano ad esserlo sono la parte migliore della nostra società e che verrà da loro salvata.