Le nostre frecce verso il futuro. In Oratorio “Palla nome chiama… Famiglia”
E’ uno spettacolo coinvolgente e liberatorio, leggero ma intenso al tempo stesso; breve, ma che ti spinge a lunghe riflessioni sul senso della vita, divertentissimo.
La metafora della vita: un arco dal quale le nuove generazioni vengono scoccate verso il futuro, verso un obiettivo di felicità e pace che i genitori sognano per i figli e per il mondo intero.
Così ci viene presentato da don Emilio, che si rivolge al pubblico e in modo particolare ai bambini: <<Sapete chi sono le frecce? Siete voi, bambini, e chi è che tira le frecce?>>
<<Gli indiani!>> Interviene pronto un bambino, suscitando ilarità generale e chiudendo in modo perfetto l’introduzione.
I ragazzi che recitano sono tutti vestiti di bianco ma hanno ciascuno un foulard a tinte vivaci come cintura, la scenografia è anch’essa tutta bianca, fatta eccezione per dei palloncini colorati sospesi (sono gonfiati ad elio e trattenuti a terra con fili legati a sacchetti di sabbia) a un metro dal suolo. Ne risulta un insieme fresco e vivace, il bianco dà l’idea del foglio nuovo, sul quale ci si può scrivere una bellissima storia di vita e d’amore, e i colori a me ricordano i pensieri dei bambini: vivaci, brillanti, senza magari un senso, un perché, un odine: ci sono ed è bello così.
La storia, che si articola tra pezzi recitati e cantati, con semplici coreografie di gesti e balli, è quella di un bimbo che si pone domande sul senso della vita e dà risposte, ad esempio su come è nato (suscitando un po’ di apprensione tra chi si è dimenticato di come è semplice e cristallino il pensiero di un bimbo e di come lo esprime senza pudore): << Il mio papà ha incontrato la mia mamma e le ha detto che era bella, allora la mia mamma gli ha detto: mi vuoi sposare? Così si sono sposati, poi sono andati a dormire nudi perché si erano fatti la doccia e il papà ha messo il semino nella mamma, e così sono nato io.>> Ineccepibile.
I bambini dello spettacolo giocano, sperimentano il mondo, spiegano ai grandi che la cosa nuova li attira ma ne hanno paura e si nascondono … e mille altri pensieri da bambini <<I bambini non hanno una faccia da fotografia>>, nel senso che un bambino è come è, senza ipocrisie, senza finzioni e senza mezze misure. Poi il bimbo piano piano cresce, si relaziona col mondo e con le altre persone, trova una compagna di vita, creano una nuova famiglia… e si ricomincia.
Capisci che la grande marcia in più delle persone tra tutte le creature è la capacità di mettersi in relazione, di comunicare, e le prime relazioni dove le impari? Ma è chiaro: in famiglia!
La Famiglia, con le sue dinamiche uniche ed universali, rappresenta la grande risorsa dell’umanità intera.
La Famiglia non dovrebbe mai essere considerata un “problema” ma uno strumento, un’unità operativa e operatrice di pace e di costruzione di un mondo migliore. Tutti hanno il diritto/dovere di contribuire a questa ricchezza aiutando le famiglie, facendosi famiglia nei confronti degli altri.
Al termine della rappresentazione i palloncini vengono regalati ai bambini presenti e poi tutti vengono invitati a ballare, la cosa parte in sordina, pensiamo tutti che sia una cosa per bambini ma dopo un paio di canzoncine tipo “ci vuole un fiore” tutti i presenti vengono trascinati in pista al ritmo di “Waka-Waka”, di “Danza Kuduro”, tormentoni delle estati passate, per poi continuare con la disco music anni ’70, “Everybody Needs Somebody” dei Blues Brothers, “Think” di Aretha Franklin, e tante, tantissime altre, per finire con la canzone simbolo del gruppo “La strada”: Io vagabondo dei Nomadi.
Alla fine i bimbi più piccoli dormono beati anche in mezzo alla baraonda, e si va tutti a casa, con la sensazione di avere imparato a prendere meglio la mira quando scocchiamo le nostre frecce verso il futuro.
Luciana e Oliviero
La testimonianza di Luciana ed Oliviero mi hanno ricordato questa poesia di Kalil Gibran.
E una donna che portava un bimbo al seno disse,
Parla con noi dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono vostri figli.
Essi sono i figli e le figlie della brama della Vita per la vita.
Essi vengono attraverso voi ma non per voi.
E benché essi siano con voi essi non appartengono a voi.
Voi potete dare loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri,
Poiché essi hanno i propri pensieri.
Voi potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime,
Poiché le loro anime dimorano case di domani, che non potrete visitare, neppure in sogno.
Potrete essere come loro, ma non cercate di farli simili a voi,
Poiché la vita procede e non si ferma a ieri.
Voi siete gli archi di i vostri figli sono frecce vive scoccate lontano.
L’Arciere vede il bersaglio sulla strada dell’infinito, ed Egli con forza vi tende affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Piegatevi nelle mani dell’Arciere con gioia:
Poiché come egli ama la freccia che vola, così Egli ama l’equilibrio dell’arco
[da: ” Il Profeta” di Gibran Kalil Gibran]