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Rita Vassena e il primo simposio internazionale sul congelamento per ragioni sociali degli ovuli

Qualche giorno fa avete potuto leggere sul nostro sito della premiazione al secondo concorso “Fotografo la mia vacanza”

https://www.unpaeseperstarbene.it/2012/concorso-fotografico-rita-vassena-ritira-il-premio-in-videoconferenza/

Con noi si è collegata in videoconferenza da Barcellona la vincitrice, Rita Vassena, ex nostra concittadina (la sua famiglia risiede da molti anni a Monte Marenzo). Rita è stata anche volontaria bibliotecaria una decina di anni fa (ai tempi di Fabio Cortesi, tanto per intenderci) e con lei abbiamo condiviso piacevoli letture e iniziative culturali.

Siamo ancora in contatto e nella videoconferenza ci ha raccontato del suo lavoro in Spagna e che sta organizzando il primo simposio internazionale sul congelamento per ragioni sociali degli ovuli.

Una cosa importante a livello internazionale, come leggerete sotto, organizzata da una amica di UPper. Le abbiamo quindi chiesto di raccontarci come nasce questo simposio e che finalità scientifiche si propone.

Rita ci ha subito inviato un articolo che pubblichiamo subito dopo (come si conviene nelle riviste scientifiche), la presentazione del suo percorso professionale (ha appena festeggiato la promozione a Direttore scientifico).

Grazie Rita e auguri per il tuo lavoro (e buone feste, anzi per essere in tema: Feliz Navidad y próspero Año Nuevo).

Rita Vassena e’ direttore scientifico della clinica Eugin a Barcellona, una delle più grandi d’Europa e centro di riferimento internazionale per il trattamento della sterilità. Rita ha più di 15 anni di esperienza nella ricerca scientifica nel campo della riproduzione e dello sviluppo embrionario, e in particolare si interessa alla qualità dell’ovulo femminile. Dopo una laurea in Medicina Veterinaria, ha ottenuto un Master in fisiologia della riproduzione (Canada) e un Dottorato in Biotecnologia della Riproduzione (Milano). Prima di assumere il suo ruolo attuale, ha lavorato per anni come ricercatore alla Temple School of Medicine (Filadelfia, USA) e presso il centro di eccellenza in medicina rigenerativa CMRB (Barcellona). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in riviste scientifiche di portata internazionale.

 

 

Sicuramente tutti abbiamo sentito mille volte dire che in Europa non si fanno abbastanza bambini, che siamo a crescita zero, che le donne iniziano a fare figli troppo tardi rispetto alla loro eta’ riproduttiva… Questo effetto, che è comune praticamente in tutti i paesi industrializzati, con un’aspettativa di vita lunga e con un livello di istruzione garantita alta, è dovuto a molti fattori sociali: dall’accesso alla contraccezione con la conseguente separazione tra riproduzione e atto sessuale a una scolarizzazione molto lunga per tutti (ma che ha i suoi effetti più forti sulle donne), dal conseguente ingresso nel mondo del lavoro e dalla possibilità di fare carriera. Uno studio recente ha calcolato che in Spagna, ma questo vale praticamente per tutto il continente, il 7% delle donne rimangono senza figli senza volerlo, la cosiddetta PIC o Permanent Involuntary Childlessness.

Come cambiare questo trend che non accenna a fermarsi? Uno strumento ci viene dal campo della riproduzione assistita. Da qualche anno è possibile per una donna congelare i propri ovuli, e dunque ottenere che si “arrestino” nel tempo. E poi, magari 10 anni dopo, già oltre i 35 anni quando la fertilità declina molto rapidamente, in un momento diverso della vita (finita la gavetta, con stabilità finanziaria e una persona accanto) potrebbe avere il figlio con i suoi propri ovuli, fermi a 25 anni, giovani e quindi molto più sani. Nessuna certezza, ma una specie di assicurazione contro il fallimento riproduttivo.

Proprio questa settimana è apparsa la notizia della nascita di due gemelline sanissime da ovuli congelati dalla loro madre 11 anni prima, quando aveva 33 anni.

La tecnica come immaginerete ha acceso un dibattito molto forte, soprattutto etico (è giusto dover far figli mediante aiuto medico? Perché non si auspica invece un cambio nelle nostre società? E le donne senza i soldi per accedere alla tecnica? Loro possono rimanere senza figli? Il servizio sanitario nazionale dovrebbe pagare per questo?).

Con tutto questo in mente, stiamo organizzando il primo congresso internazionale dedicato proprio al tema, la cui descrizione è qui: www.socialfreezing.org (in spagnolo e inglese). Il congresso si celebrerà il primo di Febbraio del 2013 a Barcellona, e interverranno esperti da tutta Europa. Non ci illudiamo di arrivare e fine giornata con in mano le risposte a tutti gli interrogativi, ma speriamo di generare un dibattito utile, urgente e necessario.

4 pensieri su “Rita Vassena e il primo simposio internazionale sul congelamento per ragioni sociali degli ovuli”

  1. Buongiorno Sergio,

    Il congresso si e’ tenuto venerdi e anche se non tocca a me dirlo, e’ stato un vero successo. Hanno partecipato piu’ di 300 tra medici e psicologi, prvenienti da 13 paesi, dall’Algeria alla Finlandia.

    Abbiamo discusso tutti assieme e con i massimi esperti del settore le implicazioni etiche, psicologiche, mediche e sociali della congelazione dei propri ovuli per poterli poi utilizzare in un futuro quando si voglia essere madri.

    Alcuni numeri che si mi hanno sorpreso molto, derivati da ricerche fatte intutta Europa: solo il 3% delle donne che accedono a questa tecnologia sono state informate della sua esistenza da un medico, mentre piu’ dell’80% ne ha sentito parlare nella stampa generale e su internet.
    Inoltre, quando si e’ cheisto a tutte le donne che hanno congelato i propri ovuli in un ospedale di Bruxelles (centinaia di casi) il principale motivo per cui erano senza figli, solo il 4% ha risposto “per essermi concentrata sulla carriera professionale”, mentre piu’ del 50% ha risposto “i figli li volevo, ma non ho incontrato un partner ideale”.

    Questi due dati ci hanno insegnat, per esempio, che c’e’ un grande lavoro di educazione e di informazione da fare con le giovani generazioni, perche’ si rendano conto delle possibilita’ che la medicina offre loro, e non ci capitino piu’ come ora succede, donne in clinica che arrivate ormai ai 42-43 anni, ci dicono “se avessi saputo di questa possibilita’, eccome se lo avrei fatto!”.

    Un’altra considerazione e’ che, dati alla mano, dovremmo smetterla di sentirci dire che questa tecnica rappresenta un atto di egoismo da parte delle donne, troppo prese a correre dietro alla carriera e alla bella vita per pensare a essere madri.

    Aggiungo qui sotto due link a articoli che hanno discusso il congresso, sono in Spagnolo, per chi volesse saperne di piu’:

    http://ecodiario.eleconomista.es/salud/noticias/4571512/02/13/el-35-de-las-mujeres-de-mas-de-40-anos-tiene-problemas-de-fertilidad.html

    http://www.mujeresreales.es/2013/02/retrasar-la-maternidad-congelarias-tus-ovulos/

  2. Grazie Marina per le belle parole. Ha prefettamente ragione, l’introduzione di una nuova tecnica in medicina dovrebbe sempre essere preceduta da una valutazione molto profonda e non solo dal punto di vista della sua utilita’ medica. Il tema dell’accesso alla tecnica, i costi e benefici per il paziente, l’eticita’ della stessa, sono aspetti direi altrettanto importanti. Questo e’ ancora piu’ vero quando il trattare una paziente significa decidere approcci che potrebbero avere un effetto su una terza persona (il futuro bambino).
    Rita

  3. Complimenti a Rita, per la lunga strada già percorsa e per il suo lavoro volto ad aiutare genitori che desiderano fortemente avere un figlio.
    Ci auguriamo che il prossimo Congresso di Barcellona aiuti a far luce su tutte le tematiche da lei menzionate che del resto devono essere attentamente valutate.
    Auguri Rita.

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