Padre Giulio Albanese e la necessità di informazione
Padre Giulio Albanese è venuto ospite ieri sera alla festa Missionaria di Monte Marenzo. Don Giuseppe Turani lo ha invitato per fare testimonianza.
Don Giuseppe ci rammenta che giusto un anno fa venne qui Don Andrea Gallo, e invita le persone sedute tra i banchi della Chiesa a fare un semplice applauso per ricordarlo. Ed è un applauso intenso e convinto quello che segue per salutare Don Andrea morto meno di un mese fa.
Poi Don Giuseppe presenta Padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista, che ha vissuto a lungo in Africa e nel 1997 ha fondato MISNA (Missionari Service News Agency), l’agenzia di stampa internazionale delle congregazioni missionarie cattoliche. Impegnato da anni a fare informazione dal Sud del mondo. Dal febbraio del 2007 insegna “giornalismo missionario/giornalismo alternativo” presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma ed è direttore delle riviste missionarie delle Pontificie Opere Missionarie – Missio Italia, Popoli e Missione e II Ponte d’Oro.
Nel luglio 2003 il presidente Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito del titolo di Grande ufficiale della Repubblica italiana per meriti giornalistici nel Sud del mondo.
Molti i libri pubblicati. Sudan: solo la speranza non muore (edizioni Emi, 1994) – Ibrahim amico mio (edizioni Emi, 1997) Il mondo capovolto (edizioni Enaudi, 2003) – Soldatini di piombo. La questione dei bambini soldato (Feltrinelli, 2005), Hic sunt leones. Africa in nero e bianco (edizioni Paoline, 2006), Cliccate e troverete. Un missionario e un esploratore a spasso nella rete (Infinito ed. 2011), Ma io che c’entro? – Il bene comune in tempi di crisi (EMP, 2013).
Don Giuseppe li elenca perché anche dai titoli dei libri si può intuire l’impegno di Don Albanese il quale prende la parola al centro della navata, senza microfono, non ce n’è bisogno, ha una voce forte e chiara e subito ringrazia Don Giuseppe con il quale ha passato due piacevoli ore a cena e ci dice che, per chi non lo sapesse, siamo fortunati noi di Monte Marenzo ad averlo come parroco.
Poi inizia a parlare di “comunicazione”, un tema così vasto che è assolutamente impossibile scriverne qui, tanti sono gli aspetti che Padre Albanese ha accennato.
Ci dice che, come quel film di Stanley Kramer che “viviamo davvero in un pazzo pazzo pazzo mondo”, basta accendere la televisione, ascoltare la radio, sfogliare i giornali e ti viene voglia di gettare la spugna perché purtroppo ci sono davvero troppe ingiustizie, sopraffazioni, da mattina a sera e non solo sotto il cielo africano ma anche a casa nostra, nella vecchia Europa.
Allora informare significa far conoscere che è la prima forma di solidarietà. Non possiamo semplicemente versare lacrime di coccodrillo di fronte all’infanzia abbandonata e se non abbiamo il coraggio di coniugare la solidarietà con l’informazione non facciamo altro che legittimare questo sistema iniquo, di cui siamo noi stessi parte.
Non dobbiamo fare come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia, qualcuno vorrebbe che rinunciassimo al pensiero, alla riflessione, viviamo sotto un bombardamento mediatico da mattina a sera, ci costringono a vedere i reality show, una delle cose più aberranti di questo mondo, fatti apposta per azzerare il cervello della gente e poi uno va a votare… ma non ci rendiamo conto che c’è qualcuno che vorrebbe che non riflettessimo, che non pensassimo.
Don Albanese parla di globalizzazione che nasce nell’ambito della comunicazione e poi immediatamente si trasferisce all’economia. Perché oggi i soldi, i “flussi di capitale”, vengono trasmessi, inviati da una parte all’altra del pianeta proprio attraverso la rete digitale. Questo significa che paradossalmente, per quanto si viva in un mondo – villaggio globale, dove siamo tutti fratelli e apparteniamo tutti alla stessa grande fraternità umana, la verità poi è che ci sono alcuni che hanno accesso a questi denari e altri invece che rimangono con un pugno di mosche in mano. E questa è la tragedia.
La questione dello sfruttamento delle ingenti risorse minerarie africane legittima spesso sistemi iniqui.
E Don Albanese ci parla di speculazione finanziaria, quella dei cosiddetti derivati finanziari (Otc), cioè le scommesse sugli interessi, sui cambi, sul mercato a termine o sulle azioni che due controparti stipulano tra loro. Infatti il valore di questi derivati, che non figurano sui bilanci delle banche e non sono negoziati sui mercati ufficiali, è a dir poco surreale: 600mila miliardi di dollari.
Padre Albanese è un incredibile ricettacolo di cifre, citazioni, statistiche, aneddoti. Un fiume in piena quando comincia a snocciolare dati uno dietro l’altro.
Tra i banchi della chiesa c’è sconcerto, e c’è chi dice che queste parole rischiano di confondere, di creare dubbi anziché certezze.
Don Albanese risponde che bisogna diffidare da chi ha certezze granitiche. Poi parla dei suoi dubbi, di quelli che vengono vivendo in Africa, quando si assiste ai conflitti tra formazioni di ribelli composte prevalentemente da bambini.
Questo ricordo mi fa venire in mente uno dei libri più tragici che abbia mai letto: Sozaboy di Ken Saro Wiwa intellettuale e scrittore brillante del delta del Niger e che intraprese una battaglia civile e politica che gli costò la vita: arrestato dal regime militare (alleato degli USA, e quindi non formato da gruppi terroristi), e condannato a morte dopo un processo farsa, fu impiccato.
Don Albanese intanto cerca di chiudere il lungo ragionamento che ha avviato un’ora prima: l’informazione deve avere il coraggio di andare al di là della notizia, di scavare, di cogliere tutti i retroscena, per permettere alla gente di poter essere più obiettiva possibile nelle proprie valutazioni. E cita Martin Luther King: “Io non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti”.
Ecco, forse non dobbiamo più tacere. Denunciare, dire con schiettezza che certi comportamenti non sono etici (non sono addirittura cristiani).
Fa l’esempio del condono edilizio che considera peccato 4 volte o l`aver perso l`affezione “al bene comune”.
La Chiesa deve ripensarsi, dice, e nutre grande speranza in Papa Francesco.
Don Albanese saluta tutti, ma ha ancora il tempo per guardare in Oratorio i disegni dei bambini che hanno partecipato al concorso “Amare la vita”, tema della Festa Missionaria 2013, e di scendere con Don Giuseppe e qualche altro avventore a bere qualcosa ai tavolini del bar in una bella serata estiva.
Caro Don. provo a dare una risposta, ovviamente personale, alla tua “domanda-provocazione”.
“provocazione” perchè credo tu sia ovviamente convinto che la Comunità Cristiana (e non) di Monte Marenzo sia “pensante”.
La domanda provocatoria credo sia rivolta a tutti perchè forse tu desideri avere una comunità che oltre ad essere pensante sia anche “operante”,ovvero che traduca il pensiero di cristiano (la fede, la conoscenza del vangelo e dell’esempio di Cristo, la pratica religiosa e la preghiera),in atti più concreti e in prese di posizione decise.
Ovvero che quel “silenzio degli onesti” non diventi indifferenza.
In questo senso credo che la maggioranza della Comunità di Monte Marenzo sia “pensante”.
Se guardo alla ricchezza del volontariato ad esempio, ai tantissimi cittadini che, in piccola o in grande misura, si mettono a disposizione della Comunità, credo che sia la dimostrazione della non indifferenza di molti.
Comunità “pensante” quindi. Almeno io la penso così e credo di non essere il solo.
Grazie Sergio per la tua attenzione, puntualità e precisione nel farci partecipi degli avvenimenti della nostra comunità e nell’interrogare, indirettamente, la pigrizia di molti. Mi permetto di aggiungere una sola nota al tuo esauriente scritto. Padre Albanese ha citato Bobbio: “Il mondo è composto da due categorie: gli atei, i credenti; ma bisogna invece temere altre categorie:i pensanti e i non pensanti”. Il card. Martini riprendendo questa affermazione, aggiunse: “Ciò che è ancora più grave è che tra i cristiani ci sono i pensanti e i non pensanti!” Di fronte queste affermazioni, mi chiedo: “Noi di Monte Marenzo a quale categoria apparteniamo?”. Grazie