Ripensando alla Mostra agricola di Carenno 2013, appunti di vita contadina in Valle San Martino
Con la ritualità di un presepio vivente, in una fredda domenica di ottobre, tra la nebbia ed i nuvoloni bassi, sono arrivati a Carenno i personaggi di una storia che si ripete da 22 anni secondo un rituale ben preciso: per primi i volontari addetti alla logistica, poi gli espositori, per lo più commercianti ed artigiani, i venditori di dolciumi e panini….
Infine sono arrivati i veri protagonisti di una fiera agricola: cavalli, asini, pecore, mucche
e i contadini che espongono e vendono i loro prodotti: ortaggi, frutta. cereali, confetture, miele, salumi.
Ecco, finalmente la fiera ha ufficialmente inizio: arrivano i primi visitatori….
e le autorità
Il tempo incerto e forse anche la crisi economica attuale non hanno favorito un grande flusso di visitatori, che comunque sono arrivati alla spicciolata, tra una pioggia e l’altra: cavalli, asini e pecore, ma anche i tavoli della Proloco e la castagnata hanno fatto da attrattiva.
A questo punto è doveroso fermarci a riflettere sul senso e sulle prospettive di questo avvenimento annuale, perché la fiera di Carenno non è solo un luogo territoriale, è soprattutto un luogo simbolico.
Infatti la mostra agricola della Valle San Martino è la sola rimasta a testimoniare in valle l’importanza dei contadini e dei loro prodotti, contadini, non imprenditori agricoli, sottolineo, piccoli contadini irriducibili con i loro pochi capi di mucche e pecore, con aziende di pochi ettari, con boschi piccoli e a volte irraggiungibili, Più di mostra agricola si dovrà parlare nei prossimi anni di Resistenza agricola, perché di anno in anno si vedono diminuire i piccoli contadini della valle, portatori di tradizioni e custodi del territorio.
Se l’ultimo contadino in valle si estinguesse, la stessa valle diventerebbe invisibile, invisibili la sua storia e la sua identità.
Esiste però un gruppo di irriducibili contadini che tengono duro, portando avanti il loro lavoro con passione.
Quest’anno ad esempio sono stati presentati i lavori di due Associazioni, quella degli “Agricoltori Valle San Martino” che tra l’altro hanno esposto il progetto di recupero dell’antico Mais di Carenno finanziato dalla Comunità europea attraverso il “Gal valle Brembana” e la Comunità Montana, e quello della neonata “Associazione di castani cultori della valle San Martino” per il recupero e l’utilizzo dei boschi di castagni.
Se si coltivano i campi e si curano i boschi, si produce cibo e ricchezza e si ottiene un ambiente sicuro e bello a vedersi. Non servono grandi opere ed interventi di grandi imprenditori, basta lasciare lavorare in pace i contadini.
Se gli abitanti della valle sentono l’importanza della presenza degli agricoltori che coltivano vicino a loro, allora sì che lo spazio della fiera diventa un presepio vivente. Sono i visitatori della fiera a renderla un bene comune. E c’è da sottolineare il fatto che pur essendo pochi i visitatori si è avvertito un aumento di interesse e di simpatia verso i prodotti locali e verso le produzioni di qualità.
Terminerei l’articolo lasciando la parola ad un pezzo tratto dal libro “Minima ruralia” edito da Pentagora di Massimo Angelini, professore universitario e storico, conoscitore della vita contadina, ma anche pratico contadino di patate ed olive. Consiglio a tutti e soprattutto agli amministratori dei beni comuni (tra cui soprattutto vi è la terra), la lettura di questo libro, che si può trovare in vendita alla libreria “Il viaggiator leggero” di Calolziocorte.
Semi, agricoltura contadina e ritorno alla terra
di Massimo ANGELINI,
PER L’AGRICOLTURA CONTADINA
“Il mondo rurale faceva vivere la terra e gli uomini. Teneva in equilibrio la comunità con i loro ambienti: curava la fertilità dei terreni e delle piante, perché senza fertilità sarebbe presto scomparso il mondo abitato, dava nutrimento a tutti e solo per questo il lavoro dei contadini è il più importante dei lavori, anche se nella considerazione pubblica stava all’ultimo posto in quella scala sociale dove in cima stavano i sovrani, i sacerdoti, i professionisti della parola scritta e della guerra.
Oggi non è facile parlare così di una agricoltura che spesso non cura la terra, ma la consuma e ne fa steppa…………….. l’agricoltura che non dà nutrimento più di quanto non dia malattia e porti con sé il deserto è ciò che genera il modo industriale e finanziario di considerare la terra.
Un’altra agricoltura intanto sopravvive, nascosta più di quanto sia residuale, ancora popolare e straordinariamente diffusa in Italia….. E’ quella più vicina al lavoro delle persone e alle culture della comunità, ai bisogni più elementari ed ad un’ economia ciclica; è quella esercitata per mestiere o passione o necessità da chi mangia i propri prodotti perché produce innanzitutto per sé e per la propria famiglia e poi anche per vendere; da chi coltiva la terra e non i contributi; da chi mantiene in vita sementi, esperienze, consuetudini, humus e falde dell’acqua: è l’agricoltura dei contadini che non sono imprenditori e tanto meno industriali della terra……….
E con un sorriso di speranza arrivederci alla 23° mostra agricola della Valle San Martino
Marilena
P:S: un ringraziamento a Roberto di https://www.facebook.com/meteo.sopracornola per le belle foto
“Se si coltivano i campi e si curano i boschi, si produce cibo e ricchezza e si ottiene un ambiente sicuro e bello a vedersi. Non servono grandi opere ed interventi di grandi imprenditori, basta lasciare lavorare in pace i contadini”
Grazie Marilena per quello che fate e per questi spunti di riflessione!
Roberto
Condivido le riflessioni di Sergio. Grazie Marilena, bellissimo articolo.
“Se l’ultimo contadino in valle si estinguesse, la stessa valle diventerebbe invisibile, invisibili la sua storia e la sua identità.”
Grande saggezza Marilena…
Un articolo che fa riflettere.