Etica e politica – 1^ parte
Pubblichiamo gli appunti della comunicazione tenuta alcuni mesi fa a Carenno da Angelo Gandolfi, nell’ambito di alcuni incontri pubblici sul governo della comunità.
Il tema che vi propongo, Etica e politica, muove dalla necessità di stimolare un confronto e alcune riflessioni su tre passaggi particolarmente faticosi del nostro tempo:
- l’offuscamento dei comportamenti etici pubblici (fare il bene della comunità e il rispetto delle leggi);
- la crisi economica come potenziale pericolo per il sistema democratico e causa scatenante di relazioni interpersonali agre;
- il degrado della politica, ovvero la messa in mora del principio di responsabilità nel rapporto individuo/beni comuni/istituzioni pubbliche.
Quando si partecipa ad un confronto su questo tema è buona cosa mostrare la propria carta di identità politica.
Per quanto mi riguarda, da giovane, ho sperimentato suggestioni movimentiste della sinistra, come si diceva allora, extraparlamentare.
Poi una data precisa, il 1973:
- il golpe di Pinochet, l’assassinio di Allende e della democrazia in Cile;
- il Compromesso storico di Berlinguer e Moro. Un progetto di
collaborazione e accordo fra le forze popolari di ispirazione comunista e socialista con quelle di ispirazione cattolico-democratica, al fine di dar vita a uno schieramento politico capace di realizzare un programma di profondo risanamento e rinnovamento della società e dello Stato italiani. E non correre il rischio di finire come il Cile;
- la mia adesione al Partito comunista italiano.
Anni terribili tra terrorismo e stragi, e sullo sfondo i primi vagiti della madre di tutti i nostri guai: la questione morale, il rapporto tra etica e politica.
“I partiti non fanno più politica”, dirà Berlinguer nel luglio dell’81 a Scalfari, “sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi pochi e vaghi; sentimenti e passione civile, zero”.
In poco tempo e in poche righe possiamo solo intuire l’immensità di un argomento che ha impegnato il pensiero dell’uomo sin dall’antichità, e lo impegnerà a lungo anche in futuro.
Propongo pertanto uno schema di lavoro articolato in tre punti:
- provare a formulare buone domande, in quanto pratica importante quanto quella di dare buone risposte;
- ridare senso alle parole fondative della nostra realtà e convivenza, senza il quale avremmo la riedizione moderna del mito della Torre di Babele;
- convenire che la vera ricerca sui fondamenti non può mai affermare “Adesso mi basta, sono arrivato”.
Innanzitutto bisogna distinguere le differenze che intercorrono tra Morale e Etica.
Lo farò con due esempi.
ESEMPIO 1° – L’occasione non sempre fa l’uomo ladro.
Nella mia lunga esperienza di amministratore locale mi è capitata una sola volta di essere esplicitamente richiesto di chiudere un occhio, di fare un favore. La domanda fu “Caro sindaco, dica lei cosa devo fare per superare l’ostacolo che mi impedisce di edificare la mia fabbrica sul mio terreno (un’area naturalistica di grande pregio)?” Risposta:”Cambiare il sindaco“.
Perché ho agito così?
- perché semplicemente avrei violavo una legge dello Stato (il gravissimo reato di concussione);
- di conseguenza, avrei contraddetto un precetto dettato dalla mia coscienza (un impasto di vissuti, di insegnamenti, di ideali, di responsabilità del ruolo, ecc.).
Questo comportamento attiene alla morale, che non prescinde mai dalla responsabilità individuale. Non è che se tutti fanno i furbi, frodano il fisco, sono aggressivi, io mi senta legittimato a comportami allo stesso modo.
HANNA ARENDT si opponeva all’idea che l’ethos collettivo, i costumi, giustificassero ogni azione dell’individuo. Sosteneva che la persona non può rinunciare alla sua umanità, alla sua soggettività morale. Un individuo dotato di libertà e autonomia della propria ragione, diventa esso stesso un legislatore universale.
ESEMPIO 2 – Lo Statuto comunale e il PGT.
Lo Statuto si regge su alcuni pilastri:
- regole e principi condivisi su cui si fonda il contratto tra i membri della comunità;
- far sì che ognuno possa dire questa città è la mia città;
- in un sistema etico, chi governa deve cedere parte della propria sovranità e del proprio potere (grande o piccolo che sia), affinché entrino in circolo gli antidoti contro il dispotismo e totalitarismo;
- i cittadini non sono solo elettori, bensì portatori di diritti, protagonisti e destinatari delle azioni pubbliche, motore dinamico delle trasformazioni;
- le minoranze devono avere tutti gli strumenti per partecipare al governo della città, pur nella diversa responsabilità dettata dai ruoli.
Il Piano di Governo del Territorio, cos’è se non l’individuazione e la gestione dei beni comuni? In sintesi:
- la mediazione tra il diritto dell’individuo (la proprietà di edificare) e il dovere di usare il suolo per favorire il benessere collettivo (servizi pubblici, infrastrutture, tutela ambientale, sicurezza dei suoli, ecc.);
- le regole per educare/educarci a considerare patrimonio della comunità i beni comuni (acqua, aria, energia, ambienti naturali, tutela del paesaggio, ecc.).
Questi ultimi due esempi, pur piccoli e parziali, esemplificano che l’etica ha un carattere eminentemente sociale, perché essa cerca di risolvere i conflitti, aumentare la cooperazione, tendere al bene di ogni singolo vivente all’interno della comunità (BERTRAND RUSSELL).
L’etica è dunque limite; è riconoscimento dell’essere parti di un tutto, verso cui si è obbligati a non eccedere. Ha a che vedere con il retto agire non secondo l’essere membro dell’umanità in generale, ma secondo la funzione particolare che si è chiamati a svolgere nella società (GUSTAVO ZAGREBESKY).
L’esercizio del potere, per dirla con RALF DAHRENDORF, si legittima tendendo a garantire al maggior numero di persone chances di vita, le quali hanno senso soltanto quando le opzioni rimangono inserite in coordinate di solidarietà, di appartenenza e di comunanza.
(Continua)