Una corsa per la speranza
Padre Ladiana, è un uomo con una fluente barba bianca, che fa percepire la sua età avanzata. Ora è vicino all’altare della chiesa del Patronato San Vincenzo a Bergamo. Ha fatto un lungo intervento dando la propria testimonianza di lotta contro la ‘ndrangheta ed ora sta rispondendo alle domande del pubblico che ha affollato la chiesa. Tra questi un ex carabiniere il quale dice che nel discorso appena ascoltato non vi siano segni di speranza.
Padre Ladiana risponde con un gesto simbolico stupefacente: una corsa in nome della speranza. Prende per mano una conoscente e, come un diciottenne, si mette a correre con lei dalla cima dell’altare fino al termine della navata centrale della piccola chiesina. “Non dovrei neanche sognarmi di fare ciò che ho appena fatto” dice il padre “a causa del mio mal di schiena e di tutti gli acciacchi di cui soffro da tempo. Quindi non ci si deve fermare alle ingiustizie che troviamo sulla nostra strada, ma reagire e combattere ogni giorno”. Con queste poche parole strappa un sorriso a tutti i presenti e un caloroso applauso.
Padre Ladiana è nativo di Reggio Calabria, superiore dei gesuiti, da molto tempo sta cercando di combattere le organizzazioni mafiose del territorio aiutando con poco le persone bisognose. L’incontro, organizzato dalle ACLI di Bergamo, si è svolto Mercoledì 17 novembre 2015.
Non nasconde il suo stupore nell’essere stato chiamato proprio per l’esperienza che sta vivendo. Inizia il discorso citando il libro manifesto della propria invettiva “Anche se tutti io no!”. Ci confida che prima della vocazione era un sindacalista della CGIL, e che la situazione che si sta vivendo a Reggio Calabria somiglia a quella dei regimi totalitari del secolo scorso, anche se la mafia agisce in modo diverso.
“I fascisti e i nazisti erano milioni di ragazzi,” dice il padre ” giovani che avevano un comitato, ma che seguivano il regime come se fossero bendati, senza coscienza e senza buon senso”. E’ molto facile adeguarsi al “così fan tutti”, molti giovani lo dicono e seguono questa filosofia. Il problema è ancora attuale, i giovani odierni che seguono “la massa”, le mode, tutto ciò che propongono i media, non sono molto distanti dai giovani che seguivano i regimi totalitari, poiché non hanno la forza di andare controcorrente.
Padre Ladiana continua con un ricordo di quando era giovane: anni addietro, non c’erano le “settimane corte”, ma quando lo sono diventate, le si sono riempite di altro lavoro. Abbiamo difficoltà a trovare la libertà anche del tempo libero. Si è arrivati a pensare che la vera vita e, perciò, la vera felicità si raggiunge quando finiscono i problemi. Ma ciò comporta un’ulteriore questione: l’uomo moderno ha creato la regola del “abbastanza non è mai abbastanza”, quindi, nel momento in cui si raggiunge un certo traguardo diventa necessario prefissarne a tutti i costi un altro, senza considerare con soddisfazione l’obiettivo raggiunto. La radice su cui si forgia tutto questo è che l’uomo si è messo al centro del tutto, l’Io prevale su qualsiasi altra cosa e così anche nei confronti del prossimo. Ora si parla molto di CRISI e la si usa come giustificazione in molti casi. Se ci fermassimo a riflettere ricorderemmo che non molto tempo fa si era poveri, non si avevano tutte le tecnologie e le agevolazioni di oggi, ma si andava avanti comunque, cercando di aiutare.
Forte il richiamo al Concilio Vaticano II che ha chiesto di tornare alle radici, recuperare i valori di una volta e volgere lo sguardo anche al prossimo bisognoso.
La prima domanda del pubblico che richiama a quanto accaduto recentemente a Parigi. Molte volte la fede può provocare delle complicazioni che sfociano in questi eventi di fanatismo. Risponde che non c’è una guerra tra un mondo ed un altro ma ci sono degli interessi e li si spacciano come guerra di religione.
Poi quella domanda sulla speranza e la corsa simbolica di Padre Ladiana ricorda: in occasione del Concilio Vaticano II ci sono stati molti segni di speranza, come l’affermazione dei diritti. Altri esempi di speranza concreti sono la Banca del Povero, che è stata pensata appositamente per aiutare chi ha bisogno, oppure i seimila padri gesuiti che cercano ogni giorno di togliere i migranti dai campi profughi.
La conclusione è semplice: bisognerebbe costruire un mondo dove non si valutano le persone per ciò che si ha ma per ciò che si è, spostando l’attenzione da noi stessi al prossimo bisognoso. La vera speranza è di non perdere la bellezza della vita!
Ringrazio Sergio per la presentazione,
Come già detto, a breve verrà aperta una rubrica dove mi occuperò personalmente delle iniziative di Cisano.
Ringrazio tutte le persone che gestiscono questo splendido sito per avermi dato questa opportunità. Proprio come detto dall’articolo, ci sono tanti modi per andare controcorrente e questa opportunità e’ già un modo per farlo!
Si possono cambiare le cose partendo nel nostro piccolo.
Un grazie speciale a tutti e buona lettura.
Ringrazio Chiara che, con questo articolo, entra a far parte della redazione del sito di UPper. Lo farà con una rubrica che lanceremo a breve.
Intanto ci è sembrato significativo questo racconto dell’incontro con Padre Ladiana. Una testimonianza forte della lotta contro la criminalità organizzata.
Quella “corsa per la speranza” è veramente un simbolo di quanto si possa e si debba fare contro le ingiustizie. Così come è estremamente importante il richiamo ai giovani di non seguire la massa ed andare controcorrente e anche quello che l’attuale società ha spinto l’uomo al prevalere del proprio “io” e quindi la necessità di recuperare i valori che mettano al centro la solidarietà.