Indicatori di direzione: “distillati”
Volevo iniziare il nuovo anno con un indicatore di direzione positivo, ma il mio inguaribile pessimismo ha preso il sopravvento dopo cena con i “distillati”.
No, non sto parlando di grappe ed amari che magari avete bevuto in questo periodo per tentare di digerire gli abbondanti cenoni dalla vigilia all’epifania (tra l’altro, vi avverto, non servono a digerire ma a compromettere ulteriormente le funzionalità epatiche).
No, proprio dopo cena ieri sera ho visto in TV la pubblicità de “i distillati”: una serie di libri bestseller tagliati… non riassunti, si avverte, ma con parti tagliate fino a ridurne della metà le pagine, mantenendo intatta “la storia”. Libri più snelli…
E’ vero, ci hanno già provato nel dopoguerra per combattere l’analfabetismo e poi quelli del Reader’s Digest. Ma qui l’operazione commerciale è un’altra: si vuole far “risparmiare tempo”!
Ecco, ora si è capito, leggere è considerata una “perdita di tempo”, il tempo prezioso che dobbiamo impiegare per correre ai centri commerciali o per passare ore a inviare messaggi con WhatsApp.
Pazienza per la fatica dell’Autore al quale si dovrebbe un po’ di rispetto, ma queste operazioni vanno esattamente contro il senso del “leggere”, cioè “prendere tempo” per sé stessi, non solo per istruirsi ma per il proprio piacere. Con i “distillati” si proverà piacere a metà. Meglio di niente? Va beh, contenti voi…
Ho visto case, qui da noi, senza neanche un libro.
Possiamo accettare che l’approccio ad un libro possa avvenire in ogni maniera, iniziando da una pagina qualsiasi o addirittura dalla scheda di copertina o dal consiglio di qualcuno?
Qualcosa deve attirarmi. E deve essere al mio livello. Disegnatemi una scala che io possa salire, con dei gradini della giusta misura (necessariamente la mia) e allora potrò mettermi in cammino.
Avevo una madre che leggeva tutto, si abbonava a tutto, in casa arrivavano molti libri (ma negli anni ’50 erano, rispetto ad oggi, pochi) e tra questi arrivavano anche dei libri del Reader’s Digest che come dice Sergio erano dei riassunti di libri. Molti di questi non avrebbe avuto senso leggere per intero. Per me dodicenne erano un grande invito a leggere e soprattutto mi hanno fatto venir voglia di crearmi una bella collezione di libri. Tra questi, con gli anni e con la scuola, ho poi imparato a distinguere tra quelli da “buttare” e quelli da tenere.
Oggi il problema è ingigantito dalla quantità di cose a disposizione. Temo che alcuni delle generazioni “digitali” non sappiano nemmeno che esiste della carta stampata o meglio che esista una cosa che non ha bisogno di batterie o corrente per essere letta.
Sono d’accordo con Angelo che alla fine si ha voglia di arrivare a leggere Cent’anni di solitudine senza né uno di più né uno di meno, ma teniamo conto che qualcuno possa farsi attirare anche da qualche anno in meno. Consideriamolo anche lui un lettore e magari discutiamoci un po’, cercando di spiegare come gli anni in più -saltati – non sono solo avvenimenti poco importanti ma …
Caro Sergio e cara Chiara, cosa dobbiamo fare, alzare le mani e arrenderci al nuovo oppio dei popoli? La confederazione dei SMS, WhatsApp, Twitter, FaceBook, BBM, ChatOne e altri guru della messaggistica istantanea ha irrimediabilmente drogato miliardi di persone tanto da non rendere intelliggibile un testo più lungo di 140 caratteri, o giù di lì?
Guardo sconsolato i volumi ammucchiati nella mia libreria e immagino questi postautori al lavoro.
Di Guerra e Pace cosa tagliano, le schermaglie amorose tra Andrej e Nataša, o quelle guerresche tra Napoleone e il generale Kutuzov? Magari si commissiona un sondaggio per capire qual è il tema cool del momento. Dal punto di vista della semplice leggibilità è probabilmente più facile operare sulla Bibbia (il libro più letto al mondo), considerato che non ha una trama narrativa così stringente e consequenziale, e poi ci sono parti che consultano solo gli studiosi, come il minuzioso elenco delle genealogie delle dodici tribù di Israele nei Libri delle Cronache. Ma scelte ad excludendum imposte da esigenze commerciali, di vendibilità, avrebbero delle conseguenze politico – religiose devastanti.
Potremmo citare mille e mille casi dove i libri “distillati”, la decimazione delle pagine, stravolgerebbero l’identità degli autori, l’unità formale e spirituale delle loro opere, lo straniamento culturale e storico del contesto in cui sono stati scritti e dati alle stampe.
Poi mi sorge un dubbio… Siamo certi che l’invito alla letteratura del singhiozzo, al salto delle pagine giudicate poco attraenti, incisi parentetici di cui si può tranquillamente fare a meno, non abbia avuto estimatori anche nei padri nobili della letteratura italiana?
Apro la vetrinetta e prendo I Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Sfoglio e arrivo al cap. XXII, interamente dedicato al cardinale Federigo Borromeo, uno dei personaggi storici di maggior rilevanza all’interno del romanzo. L’autore avverte così il lettore: “Intorno a questo personaggio bisogna assolutamente che noi spendiamo quattro parole: chi non si curasse di sentirle, e avesse però voglia d’andare avanti nella storia, salti addirittura al capitolo seguente.”
Pertanto, carissimi, con natali così illustri i libri “distillati” potranno avere, oltre al successo di vendite, anche le loro buone ragioni. Noi resistenti e fedeli alla linea del testo integrale, continueremo a leggere Cent’anni di solitudine: né uno di più, né uno di meno.
Sono superiperextra d’accordo con te!
Fare dei tagli di questo genere è del tutto nosense, soprattutto per i lettori seriali come me.
Non è neanche detto che tagliando delle parti, non si tolgano elementi fondamentali, anche perchè è del tutto soggettivo: nel senso che per me le parti importanti di una storia sono alcune precise, per un’altro lettore potrebbero essere del tutto diverse dalle mie.
Quindi io sono per il no ai distillati.