E’ passata una settimana da quando Umberto Eco ci ha lasciato. Ma, ancora una volta, ha voluto lasciare un ricordo indelebile di sè e lo ha fatto nel modo più bello: una lettera per il proprio nipotino.
La lettera contiene l’eredità di Umberto Eco, ovvero degli insegnamenti che ogni nonno potrebbe fare ai propri famigliari. Una lezione che nasce dalla saggezza acquisita con gli anni e con l’esperienza. La cosa più bella infatti è che l’autore, grazie alle sue esperienze di vita, ha voluto lasciare alcuni insegnamenti per le nuove generazioni. Nonno e nipote, il grande autore ormai saturo di conoscenza e il bambino bramoso di apprendere. La lettera non è esclusiva, ma può essere estesa a tutti noi.
Possiamo suddividere la lettera in varie parti. Nella prima, si pone l’attenzione sulla memoria, con alcuni esempi che fanno parte della nostra quotidianità:
(…) “volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria.
È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito (…). Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa.(…) La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. (…)
A questo punto, come ogni nonno che si rispetti, Umberto Eco offre la sua ricetta, la propria “dieta”:
“Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio (…). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (…).
Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis”.
Quindi, l’Autore introduce una riflessione sulla memoria:
la memoria storica…
“C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.
Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (…). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.
Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980. (…)
La riflessione sfocia successivamente in una domanda:
“Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima?
Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria. Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo.(…)
E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.
Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.
Arriviamo perciò alle nostre conclusioni: il rapporto intergenerazionale tra nonni e nipoti è davvero meraviglioso!
Questa lettera è un bellissimo esempio di quanto una persona comune o famosa come Umberto Eco, possa lasciare alle generazioni future. Perciò, bambini e giovani, i videogiochi e le chat vi possono servire poco per la vostra crescita. Una storia, la Storia: quella raccontata dalle persone che sono venute prima di noi, lasciano un segno indelebile, perchè sono la Memoria! Ai nostri anziani invece, il mio consiglio è di raccontare, raccontare, raccontare! Le vostre storie devono essere portate alla luce perchè costruiscono la nostra storia. Non abbiate paura di non essere ascoltati, l’importante è insegnare alle generazioni future che tutto quello che c’è stato prima di noi ha un valore immenso, perchè ci ha portati dove siamo ora. Senza il Passato, non ci potrebbe essere l’Oggi!
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