Una testimonianza dal campo profughi di “La Luna di Vasilika”
Enrico Fioroni, un amico di vecchia data (un ex collega di lavoro bergamasco in pensione, appassionato di ciclismo e di sci alpinismo), vede ad agosto un nostro articolo che annunciava avremmo seguito Lele, Massi, Checo e Daria sulle “Strade per la luna”, un viaggio in Europa con lo scopo di sostenere l’Associazione “La Luna di Vasilika”, che aiuta i rifugiati siriani e curdi dei campi profughi attorno a Salonicco. https://www.unpaeseperstarbene.it/2018/le-strade-per-la-luna/
Enrico mi scrisse che aveva partecipato, a maggio di quest’anno, ad un’esperienza di volontariato a Diavata, in Grecia settentrionale vicino a Salonicco, proprio per “La Luna di Vasilika”.
Ho chiesto ad Enrico di riportare ai lettori di UPper la sua esperienza. Ce l’ha inviata ieri e noi lo ringraziamo.
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Dodici giorni ci son stato nel campo di Diavata, non molti direte (e dico), ma vi assicuro che sono stati sufficienti per vedere che l’umanità ancora esiste e che la si può trovare soprattutto nelle persone che stanno peggio. Persone che hanno perso tutto, i loro unici averi sono in uno zaino malconcio e la loro speranza per il futuro è tutta racchiusa in un foglio attestante il loro status di rifugiato che gli permette di muoversi regolarmente in un’Europa sempre più ostile, almeno politicamente parlando, nei loro confronti.
Son partito per il campo non avendo mai fatto nessuna esperienza simile e nemmeno avendo quelle capacità “professionali e amatoriali” (tipo mediche, le minime, o educative), richieste a chi fa volontariato in simili situazioni, ma volenteroso e speranzoso di essere comunque utile. Al mio arrivo a Diavata ho trovato una situazione a dir poco drammatica. “Normalmente” il campo ospita 700/800 persone, nei giorni in cui son stato presente il numero di rifugiati è più che raddoppiato raggiungendo circa le 2.000 unità prima che me ne tornassi a casa, e questo a causa soprattutto dei bombardamenti che ci son stati su Afrin nelle settimane antecedenti la mia partenza per la Grecia. Come si può immaginare non c’è stato quindi tanto spazio e tempo per svolgere le varie attività didattiche, educative e ricreative che svolgono normalmente i bravissimi volontari, perlopiù giovani studenti, ma si è dovuto gestire questa emergenza tenendo pulito il campo, dare conforto e aiuto logisticoai nuovi arrivati (abbiamo fatto man bassa di tende da campeggio nei supermercati di Salonicco!) e assistenza a chiunque ne aveva bisogno per il disbrigo delle pratiche relative al rilascio di documenti vari necessari per il soggiorno.
“Riportiamo dignità e felicità all’interno dei campi, questo è il nostro compito”, con questo motto, Maurizio (il boss della QRT che s’appoggia alla Luna di Vasilika per i volontari) mi ha accolto a Salonicco. I ringraziamenti ricevuti da lui, quelli quotidiani dei rifugiati, ma anche indirettamente da parenti ed amici/conoscenti, tipo dalla mamma di una “collega” volontaria (“sono fiera di te e dei tuoi amici perché è grazie a gente come voi che il mondo sarà migliore “, così le ha scritto in wa una sera), sono la conferma che, seppur per un breve lasso di tempo, il mio contributo per il raggiungimento dell’obbiettivo l’abbia dato.
Solidarietà per me è anche questo. Non so quantificarla e non voglio nemmeno farlo, ripeto, qualcosa credo d’essere riuscito a dare a queste persone, di sicuro ho ricevuto parecchio e molto di più di quanto donato. E’ stata un’esperienza indimenticabile che spero di ripetere e che invito chiunque a vivere. Non ci vuole chissà cosa, basta solo un poco di umanità che vi verrà restituita con gli interessi.