Ieri sera, nella corte di Spaiano
In altri anni, questa era la laboriosa stagione dei bachi.
Tra inizio maggio e fine giugno, fino a metà del Novecento, nelle case contadine le persone dovevano letteralmente far posto alle lunghe ‘tàule’ di canne per l’allevamento dei bachi da seta. Un impegno faticoso, a cui erano tenuti anche i mezzadri di Spaiano, come altri a Monte Marenzo e in tutto il territorio, nella prospettiva di una pur minima integrazione all’economia familiare. Grandi e piccoli erano coinvolti, giorno e notte, per portare a buon fine il processo che trasformava i minuscoli ‘seme bachi’, assegnati in ‘once’ dal padrone, in ‘caalér’ ed infine in bozzoli, destinati alle filande per trarne la seta.
In altri anni e in altre stagioni, quelle più fredde, altri passi raggiungevano, dai nuclei vicini, la stalla di Spaiano per il ritrovo serale, al caldo del fiato di qualche mucca, dove gli sguardi dei giovani si incrociavano, le donne cucivano e gli uomini – i nonni, a volte – raccontavano…
Nella serata di ieri, domenica 2 giugno 2019, in tanti sono arrivati a piedi al vecchio nucleo di Spaiano e quella stessa stalla è diventata il back stage, il retropalco per gli attori (i bravi Emanuele Arrigazzi e Fabio Martinello), poi entrati in scena nell’ampia “corte”, affacciata verso il fondovalle, per uno degli spettacoli della Rassegna teatrale I luoghi dell’Adda.
Sotto la lòbia – dove grandi e bambini si riparavano, se pioveva, a mangiare la scodella di polenta, fuori dalla cucina, lasciata libera e con il camino acceso, per i bachi – il tecnico aveva già installato, nel tardo pomeriggio, l’attrezzatura dell’impianto voci.
Più tardi, mentre si fa scuro, poco alla volta si raccolgono le persone (e pure le sedie, che sono presto troppo poche, ma si ripara in fretta…): un bel gruppo ha preso parte in giornata alla visita a Santa Margherita (il primo appuntamento della stagione) con Cinzia Mauri e Andrea Mangione, qualcuno viene dal paese, molti da fuori, volti conosciuti, volti nuovi.
L’attesa, la serenità di una serata finalmente mite, da poter stare all’aperto. Tanti si siedono sul muretto di cinta, con alle spalle i boschi di Rusera e il torrente di Val Marscia.
Chi ha, in altri tempi, ideato la posizione e la struttura ‘a elle’ della cascina, ha scelto con cognizione: la vecchia aia, oggi a prato, conserva l’accoglienza di una ‘corte’, protetta ma aperta sul paesaggio circostante, che aiuta oggi a far sentire gli ospiti a proprio agio (una ‘lezione di architettura’ di cui far tesoro).
Andrea, a nome della Biblioteca e della sua Presidente Virginia Vitali, porge il saluto ai convenuti. È presente il Sindaco, Paola Colombo, appena riconfermata dalle urne.
Ormai si è fatto buio: luci in scena, si comincia. “Può una bicicletta volare?”
Pubblico attento. Scenografia essenziale, con qualche nota stravagante (una valigia aperta con degli abiti, due burattini a testa in giù), che si decifra in corso d’opera.
La bicicletta, come da titolo della pièce, non manca: è a sinistra della scena ed al centro del racconto, anzi, dei racconti, alternati ed incrociati, dei due protagonisti.
I quali, seguendo il filo, un po’epico un po’ quotidiano, di storie di ciclismo e di ciclisti, vanno in cerca della propria strada e dei propri sogni (una bicicletta che vola…), come attori e come amici, tra dubbi e speranze, sperimentando modalità diverse di recitazione, che diventano vere e proprie ‘prove d’attore’, di volta in volta accolte con applausi dal pubblico.
Quando gli attori, pur perplessi, si cimentano impersonando due burattini, a noi spettatori sembra si crei – complice il buio – un’assonanza particolare con il contesto della vecchia corte: chissà se proprio qui si è esibito, negli anni, qualche burattinaio. Di sicuro, era questo il tipo di spettacolo che il mondo contadino conosceva ed apprezzava.
Oltre alla bella proposta teatrale, insomma, l’appuntamento in cascina è diventato occasione di ritrovare il piacere dell’incontro, tra persone e con quella che chiamano “la memoria dei luoghi” e di chi in quei luoghi viveva.
Stando ai testimoni, pare che “metà degli abitanti di San Paolo” sia “nato a Spaiano” e l’arco in pietra, all’esterno, con incisa la data del 1705, avrebbe altro da raccontare.
I vecchi nuclei possono costituire un valore per il paese ed essere ancora utilmente fruiti.
A fine serata, due signore venute da fuori ci chiedono sorridendo, ammirate dal luogo: “Bello, ma l’Adda, cosa c’entra, qui?” Le accompagniamo ad affacciarsi verso la valle: l’illuminazione dei paesi lascia ampie zone di buio, proprio dove scorre il fiume, disegnando le sue ampie anse. “Tornate a trovarci di giorno, così vediamo l’Adda alla luce del sole”, rispondiamo. Come buon auspicio, una lucciola brilla a mezz’aria.
Il bellissimo racconto della serata di ieri è di Cristina Melazzi che la Biblioteca ringrazia, insieme a Graziano Morganti, per l’ospitalità.
Si ringrazia anche AUSER Monte Marenzo per la collaborazione. Il racconto fotografico è di Graziano Morganti e Virginia Vitali.