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L’insegnamento di Riccardo Gatti: “Posizionarsi”

Quando arrivo al Circolo ARCI Spazio Condiviso è quasi impossibile entrare. Il cortile è pieno di persone. Dentro il locale è stracolmo, ci sono tanti amici tesserati che frequentano il circolo e che hanno cenato lì, ognuno portando qualcosa. Tantissimi hanno voluto accogliere così il calolziese Riccardo Gatti, presidente di Open Arms Italia, che quando può venire a trovare i suoi genitori passa di qui.

Ieri sera è stata l’occasione per raccontare l’ultima sua esperienza a bordo della nave della ONG spagnola ProActiva Open Arms, bloccata in mare dall’1 al 19 agosto con 160 migranti a bordo, salvati in tre emergenze.

Daniele Vanoli si assicura che la gente fuori dalla sala riesca ad ascoltare dall’impianto audio e a nome del Circolo dà il benvenuto a tutti noi e a Riccardo Gatti. Daniele spiega il perché della serata organizzata insieme a Qui Lecco Libera, al Circolo Arci Spazio Condiviso, a Altreconomia, all’Associazione Dinamo Culturale, alla Comunità IL GABBIANO Onlus e all’Associazione l’Altra via e, facendo un parallelo con Open Arms, cita le ultime parole dell’anarchico Vanzetti “…che mai avremmo potuto sperare di compiere un tale lavoro in favore alla Tolleranza, alla Giustizia, alla Comprensione che ha un Uomo di un altro Uomo”.

Duccio Facchini, di Qui Lecco Libera, pone le prime domande a Riccardo Gatti.

Riccardo, per raccontarci come è andata, legge alcuni stralci del diario di bordo ed è impressionante il silenzio delle trecento persone che sono qui e vogliono ascoltarlo.

Nella prima operazione di soccorso, l’equipaggio ha avvicinato un gommone in avaria a circa 70 miglia dalle coste di Zuwarah (Libia), in acque internazionali. L’imbarcazione stava affondando. 55 persone, 16 donne e due bambini, alla deriva. Poi, il giorno dopo, l’equipaggio soccorre altre 69 persone, facendo salire il numero dei naufraghi a bordo a 124. Molti hanno segni evidenti delle torture subite in Libia. Ci sono due bimbi, due donne in gravidanza, una di 9 mesi con contrazioni.

Il 10 agosto, mentre è in attesa di un porto in cui attraccare, la nave salva altri 39 migranti che si trovavano su una barca che stava affondando nella zona vicino a Malta. In totale sulla nave ci sono quindi 160 migranti.

Riccardo ogni tanto si sofferma su alcune storie. Storie delle persone salvate, da dove vengono, in che condizioni sono. Storie di vite.

Sullo schermo, dietro di lui, appaiono in ordine sparso tante immagini di questi giorni. La situazione sulla nave è drammatica: per tanti giorni uomini, donne e bambini vivono costretti in spazi ristretti nella paura e nell’incertezza di quello che poteva loro accadere. Sono persone che hanno vissuto l’orrore dei campi di detenzione in Libia: torture, stupri, lavori forzati. Negli ultimi giorni le condizioni di salute psicofisica si aggravano con atti di autolesionismo e minacce di suicidio che rendono ingestibile la situazione e mettono in pericolo imminente di vita le persone a bordo.

Riccardo ripercorre puntualmente le richieste di sbarco in un porto sicuro alle autorità maltesi e italiane, richieste rigettate in aperto contrasto con le leggi internazionali e del mare.

Racconta del migrante che si lancia in mare con la valigia e di quelli che lo fanno anche se non sanno nuotare.

Racconta della solidarietà ricevuta, il dietro alle quinte di vicende balzate agli onori della cronaca, come l’intervento dell’attore Richard Gere.

Poi l’epilogo di questa vicenda durata 19 lunghissimi giorni. 

 -Ed ora che farete? – gli chiede Duccio. Riccardo non ha un attimo di incertezza e le sue parole sono accolte da un lungo applauso: “Torneremo in mare!”

Paolo Casu, della Comunità IL GABBIANO Onlus, ribadisce la disponibilità dell’Associazione ad accogliere alcuni migranti.

Intervengo per chiedere a Riccardo come è stata percepita dall’equipaggio e dai migranti la solidarietà che, da parte di molti in Italia, è stata trasmessa all’equipaggio e ai migranti soccorsi. Mi riferisco, ad esempio, ai video inviati da molti su incitamento della scrittrice Michela Murgia. Riccardo risponde che anche questi messaggi sono stati essenziali per confortarli e dare loro coraggio. Rivela che il primo video della scrittrice fu proprio lui a suggerirlo. Il nostro video (di Sergio, Tino ed Angelo che riproponiamo qui), si concludeva proprio con la speranza di rivedere presto Riccardo tra noi a Calolzio.

Fa un caldo tremendo e siamo stipati. C’è un solo ventilatore in alto nella sala che non è sufficiente a darci refrigerio. Ma questo è niente a confronto di quanto hanno dovuto subire quelle persone per 19 giorni.

L’amica Ilaria Bonaiti posta su Facebook queste parole che condividiamo:

Mi chiedo spesso se abbia senso partecipare a questo tipo di incontri.

Mi chiedo soprattutto se abbia senso ritrovarsi a confronto con persone che se stanno lì dove sto anche io è perché la pensano esattamente come me.

Cosa che è consolante, una volta tanto, dà una bella carica anche, ma non lo dico io che una tesi senza un’antitesi non fa nascere una sintesi migliore.

Quelli però che postano foto di migranti con cerchiati il cellulare che hanno in mano o la catenina che hanno al collo, oppure quelli che condividono foto di bambini africani scheletrici e dicono: ecco, questi sì che li accoglierei in Italia, anzi, andrei addirittura io a prenderli poi non ci vanno mai, ma questa è un’altra storia) quelli, dicevo, a un incontro con il comandante della Open Arms non ci sono…

Peccato. Non sapremo mai cosa sarebbe potuto nascere da un faccia a faccia.

Io il senso della serata l’ho trovato comunque in un confronto. Nel faccia a faccia non esteriore, con altre persone, ma interiore, personale, con la tentazione dello sconforto e del pessimismo che a volte mi assale.

Alla domanda: – Cosa si può fare, nel nostro minuscolo concreto, davanti al maiuscolo dramma della migrazione e dei migranti trattati come se non fossero persone? – Riccardo Gatti ha infatti risposto: – Posizionarsi.

Possiamo prendere posizione.

Possiamo dire con chi ci schieriamo e con chi no.

Possiamo dirlo al bar, se sentiamo parlare con disprezzo dei “negher”.

Possiamo dirlo votando.

Possiamo dirlo su Fb.

Possiamo non avere paura di esporci.

Faremo così qualcosa che sarà importante, pur senza essere eclatante.

E se lo dice una persona come Gatti, io ci credo.

Avanti tutta!

Alle ultime parole di Riccardo Gatti sale un lunghissimo applauso e Riccardo si alza ad applaudire anche noi che lo abbiamo accolto e lo sosteniamo.

 

 

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