Faras suona sempre due volte
Se il citofono squilla di sabato alle 10:30 di sicuro è Faras.
– Buongiorno Faras, – dico, – la Carla non c’è. Penso torni tardi, dopo mezzogiorno.
Conciliante mi parla attraverso una fila di denti non immacolati: – Fa niente, torno dopo.
– Guarda, non sono sicuro che torna in orario, – cerco di convincerlo, – con tutti i gli impegni che ha non è mai puntuale.
– Fa niente, torno dopo -. Non insisto, saluto e chiudo delicatamente la porta su quel sorriso che ha qualcosa di buono, un brand di sicuro effetto.
Alle 12 il citofono squilla. Carla apre la porta (noi non alziamo mai la cornetta per sentire chi è) e mi guardo bene di anticiparle che forse è Faras.
– Cosa fai ancora qua. Non sei già passato sabato scorso? Non mi serve niente, non posso sempre comprare –. Quella di Carla non è scortesia, è il suo benvenuto, il canone di conciliazione sempre uguale per tutti i sabati.
Faras spalanca il suo smisurato brand e dal fagotto cava ombrelli, calzini, tovaglie. Ne decanta pregi e propone prezzi, trattabili sino allo sfinimento.
Carla cede in fretta. Allunga qualche euro e ritira una tovaglia rossonatale, che metterà nel cassetto del soggiorno dove ce ne sono già altre due. Anche il saluto di commiato è sempre lo stesso, e Faras lo ascolta con serena cortesia: – Non avrai mica più di una moglie, neh? Altrimenti sai che non ti compro più niente. E sabato non farti vedere che non ci sono.
Come no. Faras sabato suonerà alla porta e Carla aprirà, e …