Per don Roberto – Noi accusiamo
Cari soci, care socie,
in questi giorni di tristezza per quanto accaduto a Como, condividiamo con voi un pensiero ricevuto, qualche mattina fa, da un nostro socio.
“Ieri hanno ammazzato a coltellate don Roberto. Era un personaggio importante anche per il nostro pronto soccorso di Como. Conoscevo solo una piccolissima parte di tutto il lavoro che c’era dietro la sua figura pubblica, come la punta di un grosso iceberg. Parlava a voce bassa e non si lamentava mai, sempre molto rispettoso. Sembrava sereno. Come ha detto una nostra infermiera, che lo conosceva bene: “Sono persone speciali. Dove non arrivano la cultura, la sanità e il senso civico, arrivano loro!”. La cosa peggiore è che adesso useranno la sua morte per partire con le loro maledette campagne xenofobe… E questo don Roberto non lo avrebbe mai voluto…”
l cordoglio non ci basta. Per commemorare don Roberto Malgesini è doveroso schierarsi dalla sua parte e contro la cattiva politica che produce intolleranza. È doveroso fermare i responsabili della violenza che si abbatte su chi vive per gli altri, come avvenne nel 1999 per un altro prete dell’accoglienza, don Renzo Beretta.
Nel giorno dell’uccisione di don Roberto, lo stesso giorno in cui nel 1993 veniva assassinato a Palermo don Pino Puglisi, sentiamo il dovere di accusare le istituzioni che dovrebbero esistere per evitare queste tragedie e per contrastare odio e violenza.
1. Perché don Roberto è stato lasciato solo dalle istituzioni nel compito vitale di dare aiuto alle persone costrette a vivere in strada in una delle città più ricche del mondo?
2. Perché le istituzioni non si sono preoccupate e occupate dei bisogni di tutte e tutti gli abitanti della città lasciando che un prete e la Como solidale si facessero carico di problemi che solo il Comune potrebbe gestire?
3. Perché le istituzioni non hanno aiutato e curato un uomo psichicamente instabile nonostante la Como solidale abbia più volte e da anni chiesto di affrontare il problema della fragilità psicologica e psichiatrica di chi vive in strada?
4. Perché le istituzioni hanno lasciato don Roberto e le volontarie e i volontari ad affrontare da soli la disperazione degli ultimi, esponendoli a maggiori rischi?
5. Perché chi governa Como ha irresponsabilmente ampliato la disperata guerra tra poveri con una sequela di atti che vanno dalla rimozione delle panchine a San Rocco, all’attacco a chi distribuiva le colazioni per non disturbare la Città dei Balocchi, a vietare le elemosine nel salotto buono della città, alle sanificazioni “forzate” a San Francesco (con o senza sottrazioni di coperte), fino alla folle inqualificabile idea di chiudere con una cancellata l’ex chiesa di San Francesco?
Anche se voi vi credete assolti siete comunque coinvolti.
COMO SENZA FRONTIERE
A tutte le realtà che hanno condiviso in questi anni la ricerca di una società giusta e accogliente, che hanno sostenuto l’affermazione dei diritti di tutte e tutti, che hanno affiancato don Roberto nel suo lavoro quotidiano chiediamo di unirsi a noi in questa richiesta di giustizia.
Caro Oliviero, ho atteso qualche giorno prima di mettere mano sui tasti del computer dopo aver letto il tuo commento che condivido in ogni parola.
Compresa la frase finale che “Como senza frontiere” ha preso in prestito da Fabrizio De André nella sua “Canzone del maggio”: anch’io mi sento coinvolto.
Perché è vero, ciascuno di noi può e deve fare qualcosa. Noi di UPper siamo una piccola Associazione culturale di un piccolo Comune. Cerchiamo di dare voce sul nostro sito a quelle realtà e quelle problematiche che abbiamo scritto nel nostro Statuto: “perché siano affermati i principi di giustizia, non violenza, cooperazione, solidarietà e responsabilità; perché vengano tutelati i diritti alla dignità, alla cittadinanza e alla diversità per ogni persona.”
Sui disturbi mentali abbiamo dato voce al CPS di Lecco solo un paio di volte, quando Marco Cavallo fece visita alla città:
https://www.unpaeseperstarbene.it/2016/con-una-lettera-marco-cavallo-ringrazia-la-citta-di-lecco/
In periodo di lock down ho letto il bel libro che è anche la trasposizione di uno spettacolo di teatro civile (quello che noi di UPper amiamo). Il libro si intitola: [Tra parentesi]. La vera storia di un’impensabile liberazione, di Massimo Cirri, Peppe Dell’Acqua e Erika Rossi.
Anche qui, traspare quello che tu denunci. La malattia mentale fu messa progressivamente “tra parentesi” e i pazienti psichiatrici, da internati senza più un nome e una dignità, tornarono a essere cittadini, persone, individui da curare e non da segregare. Ma non basta una legge, seppure rivoluzionaria, per affrontare i problemi della malattia mentale. Occorrono ricerca, progettazione e risorse (economiche e umane).
Purtroppo (qui è il solito pessimista che scrive), temo tu abbia ragione, a quando la prossima vittima?
Aggiungo solo un pensiero per Don Roberto. La retorica di troppa gente viene disarmata semplicemente guardando questo video in cui il prete, che ha dedicato la sua vita ai poveri, medica con cura e profondo rispetto il piede di un uomo bisognoso.
https://m.famigliacristiana.it/video/la-carita-nei-gesti-di-don-roberto-malgesini.htm
Grazie Oliviero, ciao Sergio
3. Perché le istituzioni non hanno aiutato e curato un uomo psichicamente instabile nonostante la Como solidale abbia più volte e da anni chiesto di affrontare il problema della fragilità psicologica e psichiatrica di chi vive in strada?
Io non parlerò di strada, non parlerò di sbandati, non parlerò di extracomunitari, parlerò di malati.
Parlerò di quelle persone che soffrono per dirlo in temine medico di Disturbi Mentali.
Le patologie in questo campo sono numerose e spesso debilitanti, ad un’attenta analisi fanno tante vittime quanto altre malattie più conosciute e studiate.
Con la differenza che questo tipo di malattia non può essere fatale solo per chi ne soffre, ma anche per chi ci sta accanto come appunto Don Roberto.
Un altro dato è che queste patologie sono negli ultimi anni in aumento esponenziale e così pure le persone che da queste sono debilitate, con la differenza che non esiste almeno in Italia ne un riconoscimento normato, ne un sistema di sanitario all’altezza del problema. Esistono solo i TSO (trattamento sanitario obbligatorio) per i soggetti che possono essere individuati come pericolosi, per il resto il nulla se non il privato a tamponare più che a curare, ricercare.
Nel nostro territorio per avere un idea dello stato delle cose basta visitare la struttura del CPS ( Centro Psico Sociale) di Lecco, tanta buona volontà del personale e un centro fatiscente.
Quante volte sentiamo politici o intellettuali vantarsi di aver chiuso giustamente i manicomi?
Tutto buono se non fosse che al “male” è sopravvenuto il nulla!!
Quindi la prossima volta che sentiremo parlare di persone che accoltellano, colpiscono con un martello, fanno stragi per strada o in famiglia, oppure non sentiremo parlare di tutte quelle persone che stanno ai margini, invisibili o addirittura che spariscono in silenzio sia volontariamente che per patologie riconducibili pensiamolo pure noi:
Anche se noi ci sentiamo assolti siamo tutti coinvolti!