Scusate il disturbo
Questa volta il SARS-CoV-2 non centra.
L’entrata in vigore dei nuovi parametri previsti dalla Regione Lombardia per erogare le provvidenze economiche in favore delle persone disabili gravi e gravissime, sta preoccupando non poco le famiglie.
Gerolamo Fontana, oltre ad essere direttamente interessato come padre di Fabrizio (affetto da distrofia muscolare e volto arcinoto come testimonial della maratona di Telethon), nel ruolo di presidente della UILDM provinciale è subissato da telefonate di numerose famiglie che chiedono chiarimenti e, soprattutto, chiedono che venga confermato il sostegno economico degli anni precedenti.
Numerose associazioni lombarde, che si occupano di disabilità, stanno facendo pressioni sulla Regione per eliminare alcune storture delle norme in adozione.
La materia è complessa e per saperne di più abbiamo telefonato a Marco Rasconi, presidente nazionale della UILDM, più volte salito a Monte Marenzo per incontrare il nostro comune amico Fabrizio.
Pronto, Marco, ci puoi dire in sintesi come stanno le cose?
Tutto nasce dalla delibera XI/2720 approvata il dicembre scorso dalla Giunta lombarda e riguardante la ripartizione del Fondo nazionale per le non autosufficienze.
In quel documento si prevedevano pesanti riduzioni delle risorse destinate alle famiglie nelle quali è presente una persona o un minore riconosciuto con disabilità gravissima, burocraticamente definiti in Lombardia categorie B1 (disabili gravissimi) e B2 (disabili gravi). In sostanza si passava dai mille euro a famiglia del 2018 ai 600 del 2019, ai previsti 400 euro per il 2020.
Sono soldi destinati al supporto dei “caregiver”, cioè chi letteralmente si “prende cura” della persona disabile. Sia che si tratti di familiari che lasciano lavoro e carriera per dedicarsi a tempo pieno alla cura della persona, o una figura esterna al nucleo familiare assunta e retribuita regolarmente. E’ chiaro che 400 euro era una cifra irrisoria.
Perché dici era?
Perché la mobilitazione delle famiglie e delle associazioni ha sensibilizzato il Consiglio regionale che il 14 gennaio scorso ha approvato un documento che impegnava la Giunta a ripristinare almeno la quota fissa mensile di 600 euro per i disabili gravissimi. Inoltre, sono previste ulteriori risorse, fino a 1.200 euro nel caso la famiglia sia costretta ad assumere un caregiver.
Allora è tutto a posto?
Non proprio. Queste modifiche dovevano entrare in vigore a febbraio ma il Covid 19 ha fatto slittare tutto al primo di giugno. Comunque il mondo associativo ha continuato a sottolineare le cose che in questo provvedimento non vanno.
In particolare affermare, come fa la Regione, l’incompatibilità tra la misura B1 e la B2 non consente di realizzare progetti di interdipendenza per le persone disabili che sono in famiglia. L’anno scorso questo era possibile in quanto si utilizzavano risorse di tutte e due le misure.
Questo significa che la persona disabile adulta che sta con i genitori, che volesse mettere in cantiere una esperienza di autonomia con un supporto sulle 24/h non avrebbe le risorse per farlo. E questo non è giusto.
Un altro aspetto importante e negativo di questa delibera è che vengono escluse le persone che hanno una disabilità cognitiva. Implicitamente, per loro, si ammette la non possibilità di realizzare un progetto di vita in autonomia.
I limiti e le storture sono anche altri, in particolare:
- la modalità di calcolo dell’ISEE;
- avere la residenza in Lombardia da almeno due anni per accedere ai benefici del Fondo, che penalizza senza fondamento alcuno chi si trasferisce da fuori regione
- avere il requisito della “capacità di esprimere la propria volontà” per accedere ai progetti di vita indipendente, che consideriamo un parametro vago, privo di base scientifica e culturale, se non discriminatorio.
Come UILDM e Ledha (una associazione di Milano che rappresenta oltre 180 organizzazioni di persone con disabilità e loro familiari in tutta la Lombardia), abbiamo sollecitato formalmente la Regione a intervenire con urgenza per modificare questi passaggi, e altri anche, al fine di evitare il ricorso alla magistratura da parte delle associazioni, delle persone con disabilità e dei loro familiari.
Ringraziamo Marco Rasconi per la sua disponibilità e lo invitiamo ritornare a Monte Marenzo.