La lunga notte del caregiver
La notte del caregiver è molto lunga.
Un dormiveglia leggerissimo, sensibile ad ogni movimento, ad ogni impercettibile lamento della persona amata nel letto accanto. Il caregiver e la persona amata si parlano con gli occhi. Anche la ruga della persona amata sa parlare. Allora il caregiver sa cosa fare: controlla la mascherina del ventilatore automatico, massaggia la gamba intorpidita, cambia il pannolone, e mentre dice, adesso cerca di dormire, sorride.
Al mattino il caregiver non timbra il cartellino e non se ne va a dormire.
La persona amata deve essere lavata, accomodata sulla carrozzina, nutrita, curata e condivisa in ogni istante della giornata. Il caregiver siede in poltrona e stringe la mano della persona amata che riposa accanto sulla carrozzina. E’ un momento magico. Il caregiver tenta di riprende il filo degli episodi della serie televisiva che gli piace tanto. Inutilmente. Dopo pochi minuti cede al sonno, sempre vigile, pronto ad ogni piccolo sussulto della mano, o segnale della persona amata.
Il caregiver ha una fantasia che prevale su ogni altra. Quella di dormire, di dormire profondamente, di riuscire anche una sola volta ogni tanto a far dormire il cervello, ogni muscolo e tendine del proprio corpo affaticato.
Ma chi è questo caregiver?
E’ Gerolamo, Lucia, Manuela, Gianmario e altri mille e mille, che condividono, o hanno condiviso, lo stesso fiato della persona amata stretta nella morsa di una grave disabilità.
Giorno dopo giorno il caregiver lotta duramente affinché alla persona amata sia data la possibilità di un’esistenza dignitosa e appagante. La scuola, le vacanze, gli amici, l’immersione nella propria comunità e, per quanto possibile, una cosa grandiosa: il lavoro. Un lavoro anche piccolissimo, specialissimo, particolarissimo, pieno fin che volete di issimi, ma che consenta alla persona amata di esprimere la propria creatività e felicità di essere riconosciuta dal proprio ambiente di vita.
In questo racconto si richiamano molte cose che hanno un costo, sì proprio un costo in danaro. Ma se ci pensate è conveniente, perché è un investimento necessario per acquistare la patente di Paese civile, solidale, giusto verso tutti i suoi abitanti.
Quindi, il caregiver ha bisogno di soldi, o meglio, di servizi.
Il caregiver quando si chiede che ne sarà della persona amata pensa lontano. Però pensa anche ai prossimi giorni a venire, al timore di essere lasciato solo negli atti quotidiani, o privato dei mezzi necessari per far star bene la persona amata.
Allora, con trepidazione, guarda i telegiornali, legge il giornale, si tiene in contatto con altri caregiver e con le associazioni, per capire se la legge di bilancio dello Stato taglia i fondi per le disabilità gravi, se la Regione ci mette del suo e taglia anche lei, se i servizi socio assistenziali territoriali tagliano pure loro.
Il caregiver vede in questi tagli un qualcosa che assomiglia alla disumanità, impunita, come impunite sono tutte le disumanità commesse sulle persone più indifese e innocenti.
Angelo Gandolfi
caro Angelo, in ciò che comunichi si percepisce tutto il vissuto umano di un rapporto fatto sì di fatica, ansia, incertezza, ma anche dell’ affetto grande che si deve alla persona cara e dello spirito di sacrificio che si deve alla Vita.
Io, nel mio piccolo molto piccolo, ho scoperto di essere un caregiver quando ho portato mia mamma al centro vaccinale. Prima pensavo di essere solo una figlia a cui era capitata una mamma di 97 anni da accompagnare nel suo ultimo, ma magari non breve, tratto di vita.
Nel mio piccolo molto piccolo, comunque, provo tanti sentimenti positivi e negativi, sento il peso del compito che ogni giorno mi mette alla prova e il bisogno di rispondere alle tante domande che il mistero della Vita mi pone attraverso il rapporto con mia madre..