Oggetti senz’anima? Il racconto di un maglione…
Le cose sono inanimate. Senza vita. Senza anima.
Eppure a me piace immaginare che abbiano vita anche loro. E un’anima.
Una vita diversa dalla nostra, ovvio. Come diversa da noi è la vita di un animale o di un fungo o una pianta. Che poi a ben guardare la vita è diversa per ognuno di noi. Insomma mi immagino che le cose abbiano anima e sentimenti e che gli oggetti non siano indifferenti a quel che accade intorno a loro.
L’ho pensato la settimana scorsa. Osservavo un maglione, un vecchio maglione che non uso da anni.
Abbiamo saputo della raccolta di vestiario invernale per l’emergenza in Bosnia e ci è venuto in mente di raccogliere qualche indumento pesante. E tra le cose in fondo all’armadio ecco il maglione.
E’ un maglione ancora bello, caldo e morbido. Ma si è un po’ allargato per me, per questo non lo indosso più. Allora ecco che mi sono “messo nei panni” del maglione. Ho immaginato cosa ha provato in quel momento e la sua storia dopo la nostra decisione di dargli “nuova vita”. Qualcuno ha già scritto dando voce a un gabbiano o a una rosa, allora perché non si può dare voce a un maglione? Il racconto ora è il suo…
Mi sono svegliato da un lungo torpore, felice di mostrare alla luce i miei bei colori. Speravo mi avrebbero infilato e avrei avuto di nuovo occasione di fare un giro in città. Invece mi hanno posato accanto ad altri vestiti, poi chiuso in un sacco di plastica (per fortuna non abbiamo polmoni come voi umani).
Ora sono in un posto dove c’è un cartello con una scritta a colori, uno slogan curioso: “Chiusi ma sempre aperti”. Lì, mani benevole mi hanno ripreso ed unito ad altri maglioni. Siamo in tanti e queste persone voglion dare un aiuto ad altre persone.
Ci hanno un po’ sballottati insieme ad altri sacchi e poi ci hanno ammucchiati nel buio di un camion. Il rumore del motore e poi via, in un viaggio che è stato lungo, interrotto più volte da frontiere che voi umani avete inventato. Già… vi credete il centro di tutto e usate il creato a vostro consumo.
Siam diretti ai Balcani. Ci si ferma, siamo a Bihać, ma è solo una tappa. Altre mani di volontari ci prendono e da lì proseguiamo per Lipa. Qui altri umani han distrutto e incendiato i rifugi di chi fugge da fame e da guerre.
Una volta arrivati due mani mi hanno afferrato e, giuro, non ho mai provato una cosa così. Questa volta è stato un abbraccio, una smania più che una voglia di chi adesso mi ha preso. Doveva aver sofferto parecchio con la sola camicia e una sciarpa. Sì perché qui fa freddo e la gente congela. Sento il tremito, i lamenti di chi non ha scarpe, di chi vive condizioni “inumane” …
Allora cerco, se posso, di dare maggiore calore a chi mi indossa. Provo a coprire ematomi dei colpi inferti da altri “umani”…
Noi oggetti senz’anima? Siete voi che siete crudeli, che non avete umana pietà.
Lipa 27 gennaio 2021 o 27 gennaio 1945?
Un chiarimento:
Il racconto che ho scritto non fa riferimento alle persone e alle organizzazioni coinvolte nella raccolta e nella distribuzione dei capi di vestiario per l’emergenza Bosnia.
E’ una scelta voluta perché “quel maglione” avrebbe potuto partire da qualsiasi casa e raccolto da tante organizzazioni sensibili ed attive sul problema, e poi distribuito dai tanti valorosi volontari che sono sul campo.
Per quanto riguarda la realtà del nostro territorio gli amici Cinzia e Corrado mi hanno informato della raccolta fatta presso il Circolo Arci Spazio Condiviso (qualcuno avrà riconosciuto il cartello “Chiusi ma sempre aperti”), di cui abbiamo scritto nei giorni scorsi sul nostro sito.
Tanta è stata la generosità che ha riempito un TIR che in queste ore tramite una catena di volontari arriverà a Bihać presso NO NAME KITCHEN (NNK), l’associazione di volontari che sta seguendo da anni il dramma del viaggio della speranza di decine di migliaia di profughi (soprattutto afgani, siriani, nordafricani….) cercando di aiutarli in ogni modo.
Probabilmente, ma Corrado non era ancora sicuro, il vestiario poi giungerà a Lipa, in Bosnia, dove centinaia di migranti sono costretti a affrontare l’inverno in tende o ripari di fortuna in condizioni di vita “disumane”.
Ecco, l’ho scritto ancora, “disumane”. Così il mio racconto si conclude associando due date, il 2021 e il 1945, e due tragedie.
Ringrazio i tanti amici che mi hanno fatto pervenire messaggi privati e che si sono sentiti toccati dal mio racconto.
Non è vero che chi non crede in un Dio non crede in niente: crede in tutto. Bel racconto, bravo Sergio.
Grazie Sergio,
Bella la tua idea di raccontare una situazione tanto triste in questo modo delicato, abbiamo bisogno di sapere, di conoscere che il mondo non è poi così cambiato dal 45. E che possiamo fare qualcosa tutti, ciascuno di noi in qualsiasi momento, anche adesso
Caro Sergio, la profonda e delicata umanità che hai usato nel raccontarci il tuo frammento di vita da “maglione” direttamente dentro quella tragedia ripetuta e dimenicata, mi ha colpito molto. Con la tenerezza si può scuotere. Grazie