Siamo persone e non dei panda. “Disabilità, se è un Ministero che ci discrimina”
«Io non sono la mia carrozzina, così come nessuno sarà mai il suo paio di scarpe. Ognuno di noi è le proprie abilità, non le proprie difficoltà».
Questa frase è la prima cosa che potete leggere su Wikipedia quando cercate il nome di Iacopo Melio. Lo abbiamo cercato perché sul Quotidiano La Repubblica il 13 febbraio, è apparsa una lettera di Iacopo Melio, giornalista, scrittore, politico e attivista per i diritti umani e civili: “Disabilità, se è un ministero che ci discrimina”. La potete leggere qui sotto.
Perché la pubblichiamo? Perché, come molti lettori del nostro sito sanno, noi di UPper ci siamo occupati spesso di disabilità.
Lo abbiamo fatto collaborando con l’Associazione Lo Specchio, che si occupa quotidianamente di disabilità, alla realizzazione del film “Soggettiva h”, con le ragazze e i ragazzi della 4 SA e 4 SB (A.S. 2012/13) dell’Istituto Bertacchi di Lecco e che portiamo da 7 anni alla “Settimana dei valori”, l’annuale rassegna promossa dalle scuole medie dell’Istituto Comprensivo di Calolziocorte (qui un articolo sull’ultima presentazione esattamente un anno fa).
Nel 2018 abbiamo realizzato il film “Un sentiero per tutti”, per promuovere il percorso ad utenza ampliata al Pertüs, realizzato dalla Comunità Montana Valle San Martino (qui il video pubblicato su youtube solo 10 giorni fa e che ha già raggiunto 376 visualizzazioni!)
Quell’anno abbiamo addirittura prodotto (sempre con Lo Specchio), lo spettacolo teatrale “Diversamente viva” (ma anche un libro e un DVD) . E lo spettacolo iniziava proprio con un’invettiva di Anna (Francesca Contino), la protagonista, contro il “pietismo” di tante persone quando si trovano di fronte ad un disabile e che “poverini” vengono a volte messi in un recinto (è accaduto davvero…).
Parole che ritroviamo nella lettera di Melio, scritta dopo la notizia di una riproposizione del Ministero della disabilità (già apparso nel Governo Conte I). Parole che sostanzialmente condividiamo perché vorremmo vi sia la trasversalità della disabilità. Essa dovrebbe permeare ciascuna missione perché l’esclusione riguarda tutti gli ambiti della vita, della società, della quotidianità. E tanto per far capire che non siamo di “parte”, visto che Melio se la prende con la politica di destra, noi aggiungiamo che il Governo Draghi è sostenuto anche dalla sinistra… Il pericolo che intravediamo è quello che si farà il solito “fumo” ma la sostanza dei problemi rimarrà intatta.
Poi perché un Ministero della disabilità? Non c’è già quello delle pari opportunità (che dovrebbe riguardare tutti e non solo la differenza di genere). Allora, lo scriviamo come provocazione: per essere coerenti (e come si fa per il Ministero delle pari opportunità che viene affidato ad una donna), perché non affidare il Ministero della disabilità ad un disabile?
Ecco la lettera di Iacopo Melio:
—–
Quando non si sa dove pescare “punti tenerezza”, il tema disabilità viene estratto con quella rassicurante compassione mista a pietismo (e incapacità) da far sussultare anche un paralitico. E sì, la battuta di black humor me la concedo, in quanto disabile, che di certo non è la cosa più squallida accaduta in queste ore. Anzi, normalizza un approccio che qualcuno, nell’anno della speranza, continua a sporcare di carità retrograda anziché di tutele sociali concrete. Ma facciamo ordine.
Qualche anno fa, in un incubo oggi rigurgitato, a decidere della mia libertà sarebbe dovuto essere un leghista che, per dirne una, alle donne quella libertà voleva toglierla, scegliendo per loro cosa fare con il proprio corpo e la propria vita. Una personcina empatica e sensibile, insomma, leggermente misogina e omotransfobica ma va beh, non si può avere tutto…
Ministro della Disabilità: figura ad hoc, “per noi”, per ribadire l’esistenza di una categoria a parte, e dunque l’esigenza di provvedimenti “speciali” per persone “speciali”. Che poverini, i disabili coccolosi, aiutiamoli nel recinto loro, infilandoli in uno scompartimento, sia mai ambissero allo stesso trattamento degli altri cittadini. Perché come gli altri non lo sono, hanno più bisogno e vanno protetti dal mondo (o magari nascosti, istituzionalizzandoli). Certo, come no.
E invece nessuna tutela è arrivata da Salvini, Meloni e compagnia. Non troverete un solo punto realizzato, di nessun programma specifico, del fantameraviglioso Ministero senza portafoglio (e quindi di pura propaganda strumentale). Solo un’antica discriminazione che continua a evidenziare differenze, anziché puntare ad una parità sostanziale con competenza e cognizione di causa.
Per questo un ruolo simile è tanto inutile quanto dannoso, portandoci cento passi indietro sulla strada dell’inclusione, e fa orrore vedere la facilità con la quale viene riproposto facendo leva sul pietismo più populista. Che poi io una certa strategia la comprendo pure: come diamine fai ad opporti a qualcosa che, sulla carta, dovrebbe semplificare la vita a chi affronta difficoltà oggettive in più? Con che coraggio sostieni che l’essere attenti verso chi fatica ad avere una vita normale, sia qualcosa di tecnicamente sbagliato? Vaglielo a spiegare alle famiglie disperate che devono rifiutare la proposta di aiuto (perché solo tale resta) da chi promette ascolto e servizi senza adottare un metodo socialmente corretto.
E perciò “contano i fatti, non gli ideali!” qualcuno mi obietterà. Ma il punto è che gli ideali influenzano la motivazione, la qualità e l’efficacia dei fatti stessi, soprattutto nel lungo periodo. Perché c’è modo e modo di far le cose alla radice, pur condividendo l’obiettivo finale. Il punto è che, con queste scelte scellerate, non si potrà mai raggiungere quella piena accessibilità fisica e culturale che la stessa destra, che ancora stenta a capire cosa sia il welfare, scambiandolo per gentile concessione anziché per diritto e dovere, si auspica quando fa comodo.
Non smetteremo di ripeterlo: basterebbe che tutti i ministri tenessero di conto della disabilità quando, nel proprio settore, vengono realizzate nuove manovre, rendendole inclusive per tutti. Basterebbe ricordarsi di ogni diversità, non solo quella fisica, senza indossare guanti bianchi ma uno sguardo aperto e intersezionale, che non appiccichi etichette ma le combatta convintamente al punto da non vederle. Ma soprattutto, basterebbe sfruttare ciò che già esiste e funziona benissimo in un’ottica di uguaglianza: il ministero per le Pari Opportunità, ad esempio, perché di questo stiamo parlando, di persone che chiedono stessi diritti e non di specie in via d’estinzione da salvaguardare. Siamo persone e non dei panda.
Invece no, sarebbe stato troppo semplice ma anche troppa responsabilità. Volete mettere la bellezza di nominare qualcuno che, di professione, faccia sentire bisognosi “i più fragili”? Un modo paternalistico per ritenersi buoni e giusti, senza puntare a un arricchimento della società bensì alimentando la cultura della carezzina sulla testa con sorrisi melensi. E finché questo lo riterremo progresso tecnico, c’è poco da sperare in “Vita indipendente”, “Dopo di noi”, Caregiver, pensioni invalidità… Perché manca la base, e manca da troppo tempo. Ancora.
Ci mancava il ministero per le disabilità, Ma se ad oggi non si sa dove si andrà a fare il vaccino per gli ottantenni,e come faranno a farlo alle persone che non escono di casa.