Il 4 Novembre 93 anni dopo
Anche quest’anno si sono svolte le celebrazioni del 4 Novembre, a ricordo della fine della Iª Guerra Mondiale avvenuta nel 1918.
Riportiamo integralmente il discorso pubblico che il sindaco Gianni Cattaneo ha tenuto in piazza Municipale questa mattina.
Saluto tutti quanti voi cari cittadini. Saluto il parroco don Giuseppe, la Sezione degli Alpini e le associazioni tutte,che anche quest’anno avete voluto essere davanti al monumento delle vittime di tutte le guerre,vittime civili e militari, per non dimenticare il debito che ancora oggi abbiamo nei confronti di tanti innocenti, che morirono e patirono sofferenze incredibili convinti di lasciarci un mondo migliore.
Quante volte li abbiamo delusi! Quante volte non abbiamo saputo trarre da quelle tremende vicende l’insegnamento per vivere in pace e nella giustizia.
Ogni volta che non facciamo il nostro dovere in politica e nella vita sociale, ogni volta che nel rapporto con gli altri non siamo giusti e solidali, è come se dicessimo loro che tante sofferenze e tanti sacrifici sono stati inutili. Se ci pensiamo bene è una cosa tremenda.
E’ come se continuamente perdessimo la memoria della nostra storia, come se la storia non avesse nulla da insegnare, e ogni volta dovessimo ricominciare daccapo, con gli stessi errori, le stesse banalità, le stesse disumanità.
La memoria diretta della Grande Guerra conclusa il 4 novembre del 1918 si è ormai spenta, perché chi l’ha avuta negli occhi, come gli alpini e i fanti, le donne e gli uomini di quel tempo, ci hanno lasciati uno dopo l’altro da qualche anno, e la memoria dei sacrifici e dei patimenti può vivere solo nei segni, nei racconti, nelle carte.
E uno dei simboli potenti che è rimasto è il Milite Ignoto, che riposa sotto l’Altare della Patria esattamente da 90 anni. E proprio in questi giorni migliaia di cittadini hanno sentito di dover salutare il passaggio del «treno della memoria», che rievoca il viaggio compiuto nel 1921 dal Carso a Roma, in questi stessi giorni, dalla tradotta con la bara del soldato che rappresentava tutti i 650 mila caduti italiani.
In questa rievocazione, come per le celebrazioni del 150esimo anniversario del’Unità d’Italia, determinante è stato lo stimolo e l’impegno in prima persona del Capo dello Stato.
In una fase particolarmente difficile per I’Italia, stretta tra la crisi economica, le difficoltà delle famiglie e la caduta di credibilità della politica, Giorgio Napolitano svolge un prezioso ruolo in favore della coesione nazionale e per fa assumere a quanti ci governano un atteggiamento responsabile e adeguato alla gravità della situazione. Per questo, al Capo dello Stato va l’apprezzamento e l’affettuoso saluto di Monte Marenzo.
In questi giorni, mentre pensavo insieme ai miei collaboratori le cose da dire in questa occasione, ci siamo detti: “però, l ‘Europa in questi 93 anni ne ha fatta di strada”.
Tante cose buone sono state fatte, compreso lasciarsi alle spalle l’odio seminato dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale e l’ancor più grave apocalisse scatenata solo vent’anni dopo dal nazifascismo.
Oggi stiamo soffrendo terribilmente la crisi finanziaria ed economica che scuote i nostri Paesi.
Ma nonostante le difficoltà, i limiti e le contraddizioni dimostrate, l’Unione Europea resta l’unico riferimento che ci può salvare, che può salvare soprattutto le nazioni più fragili.
Di fronte al ruolo di sempre maggior peso economico svolto dai paesi emergenti dell’Asia e dell’America Latina, ai fermenti in corso nei Paesi a sud del Mediterraneo, noi italiani – ma come noi anche i tedeschi e francesi – per il futuro non possiamo che vederci dentro un’Europa coesa e solidale, luogo di diritti e di prosperità economica per le sue genti, aperta alla cooperazione con tutti i popoli del mondo.
Se questa Europa per mezzo secolo si è lacerata a colpi di baionetta e di cannone, per l’altro mezzo secolo, dobbiamo riconoscerlo, ha saputo costruire pazientemente una casa comune dove si incrociano pacificamente i destini dei suoi popoli.
Se siamo stati ad un passo dall’avere una Costituzione comune per garantire ai suoi abitanti medesimi diritti e medesime opportunità, allora vuol dire che è possibile cambiare pagina. Allora si può trarre una lezione positiva dalla nostra storia, anche dalle sue vicende più negative.
Vedete, e concludo, per uscire bene dalla situazione che stiamo vivendo e sembra non avere spiragli di speranza, è sufficiente fare poche cose, che ogni persona di buon senso e di buona volontà le vede, le sente, e non capisce perché non si facciano. Queste cose sono:
- garantire un lavoro dignitoso a tutti;
- garantire il massimo di istruzione e di cultura a tutti;
- garantire condizioni di austero benessere a tutti;
- promuovere la giustizia e la solidarietà ad ogni livello, sia ne rapporti tra le persone, sia nei rapporti sociali;
- proclamare in ogni angolo della terra la pace, la non violenza e il bando di ogni forma di intolleranza.
Penso che questo programma richieda sacrifici, responsabilità e disinteresse personale, ma ne vale assolutamente la pena.
Se un programma di questo genere ci sembra troppo impegnativo, andiamo per un attimo col pensiero a quanti nel corso del secolo scorso hanno dato la vita per questo.
Vi ringrazio ancora per la vostra partecipazione e vi saluto con: viva l’Italia, viva la pace.
Monte Marenzo, 6 novembre 2011.