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Maria e Giuseppe migranti

Il presepe sul sagrato della Chiesa di Monte Marenzo è una zattera.

Avete letto bene, una zattera, non una capanna.

Due figure nere, due migranti del terzo millennio, navigano su un mare di plastica azzurra, con una zattera di canne di bambù.

E a destra, sulla zattera, c’è un padre, che chiameremo Giuseppe. Sembra guardare preoccupato il paesaggio che lo circonda, ha visto le sponde di una terra sconosciuta. E’ preoccupato per sua moglie e per il bimbo che deve nascere.

Come sarà il paese in cui arriveranno? Verranno accolti o verranno scacciati di luogo in luogo come in quella famosa storia di duemila anni fa?

Accanto a lui c’è una madre, che chiameremo Maria, è in attesa e angosciata perché sa che tra poco avrà le doglie del  parto. Anche nella sua mente le stesse domande del marito, non serve parlare per dar voce alla paura. Questo bimbo, quando nascerà, avrà di che cibarsi e vestirsi? Potrà crescere e giocare con gli altri bambini di questo paese?

Per avere speranza forse serve pronunciare sottovoce una preghiera.

 

Il presepe è stato ideato e realizzato, come ogni anno, da tanti papà di Monte Marenzo che, in Oratorio, si prendono la briga di farlo. Si sono trovati al bar dell’oratorio un paio di mesi fa, per pensare di rinnovarlo anche quest’anno. Qualcuno propone un carretto, un pulmino, altre idee… poi quella che mette tutti d’accordo: una barca con due migranti, anzi una zattera.

Ne parlano con Don Giuseppe che suggerisce l’idea della madre in attesa.

Dopo due settimane giunge la tragica notizia dei centinaia di morti a Lampedusa. Si guardano in TV le immagini di quelle bare….

Il pensiero torna al presepe. Il progetto viene disegnato e sviluppato. Poi, in fase di realizzazione, ognuno porta qualcosa, un oggetto che possa servire ad ambientare questa storia, e i ragazzi e le educatrici di MOSAICO realizzano lo sfondo.

Il risultato è bellissimo e il messaggio è già chiaro di per sé. Anzi per farlo capire a tutti tra Giuseppe e Maria non c’è quest’anno una mangiatoia.

C’è un libro aperto con scritto: “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

 

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