Sabato 9 maggio ore 10, inaugurazione Mostra fotografica “Il mio fiume: l’Adda”
Sabato 9 maggio ore 10.00, Sala civica Monte Marenzo, inaugurazione della mostra fotografica “Il mio fiume: l’Adda”, di Michele Masullo (che rimarrà aperta fino al 17 maggio negli orari indicati dalla locandina).
Ecco una presentazione di Pietro Collini
Michele Masullo: Gli occhi del fiume
Michele è un personaggio brusco, a volte spigoloso, chiuso e caparbio come le sue valli lombarde con i loro monti incombenti e ombrosi, ma dietro questa corteccia ruvida batte un cuore grande, che sprigiona una sensibilità e una grazia inaspettata e travolgente.
Quando guarda il suo Adda, gli occhi, serrati contro la sua macchina fotografica, si trasformano nelle mani di un musicista in grado di comporre armonie sensuali e lievi come carezze, prorompenti e avvolgenti come gli accordi di un sax tenore, che penetrano in profondità nel cuore riscaldandolo con un mix di emozioni uniche.
Michele ama il “suo” fiume incondizionatamente e lui lo ricambia concedendosi con paesaggi unici, con le nebbie lievi e oniriche, con le luci calde e rassicuranti, con il fluire placido delle acque che tagliano la luce dell’alba o cavalcano i tiepidi raggi del tramonto.
Osservando le immagini si costata come lo spazio topologico si traduca in un perfetto equilibrio grafico nelle entità che lo compongono: acqua, terra, vapore, elemento umano e manufatti, s’inseriscono tutti in un equilibrio perfetto di masse, geometrie astratte e sezioni auree.
Con pieno appagamento dell’occhio, il senso dimensionale della profondità è sempre proposto con grande maestria, senza eccessi, ma ben commisurato alla fisiologia della visione umana.
Una strana sensazione emana dalle sue fotografie.
È come se lo spazio-tempo si dilatasse all’infinito, come se il tempo fosse annullato e ci trovassimo a vivere in un eterno presente dove ogni cosa è lì, immota, senza un futuro e priva della memoria di un passato.
L’osservatore si trova a godere eternamente dell’attimo, senza esserne mai sazio e il suo occhio vaga tra gli elementi dell’inquadratura a cercare tra i più intimi particolari il ricordo di un attimo felice, un profumo o lo sciabolare dell’acqua lungo le rive.
In alcune sue immagini i colori, anche quelli forti, si affacciano con pudore, come se avessero paura di distrarre la visione dall’incantevole paesaggio.
In altre lame di luce tagliano le ombre rivelando mondi incantati, ma non sono aggressive: accarezzano appena le piante e l’uomo, quasi in un delicato abbraccio.
L’uomo, che nei suoi paesaggi è sempre solo, sembra immergersi in un rapporto intimo e profondo con il fiume e la natura, un rapporto “alla pari”, senza soprusi o oppressori; quest’uomo è Michele immerso nella poesia e nell’amore del suo Adda.
Pur tuttavia i suoi paesaggi evocano solitudine e malinconia, ma questi sentimenti sono propri della “gente dell’Adda” che vive con il suo fiume, stretto tra gli erti monti dell’alta Lombardia, inverni interminabili e gelidi, estati a volte brevi e torride; contrasti che si riflettono nell’animo dei suoi abitanti e nel loro carattere spigoloso, ma dal cuore generoso.
I paesaggi di Michele, nel loro insieme, sono come il Po per Cesare Pavese nella sua poesia:
Crepuscolo di sabbiatori del Po in una casa in cima a una collina
I barconi risalgono adagio, sospinti e pesanti:
quasi immobili, fanno schiumare la viva corrente.
E già quasi notte: Isolati, si fermano:
si dibatte e sussulta la vanga sott’acqua.
D’ora in ora, altre barche sono state fin qui.
I barconi nel buio discendono grevi di sabbia,
senza dare una scossa, radenti: ogni uomo è seduto
a una punta e un granello di fuoco gli brucia alla bocca
Ogni paio di braccia strascina il suo remo,
un tepore discende alle gambe fiaccate
e lontano s’accendono i lumi.
…In distanza, sul fiume, scintillano i lumi di Torino.
Due o tre sabbiatori hanno acceso sulla prua il fanale,
ma il fiume è deserto.
….
Come lui Michele è un poeta del fiume e gli occhi del fiume.
PIETRO COLLINI 4 Ottobre 2014