Donne e uomini scalzi
Va bene. Donne e uomini scalzi. Allora metto le scarpe che devo guidare. Poi quando sono lì che faccio? Le tolgo? E dove le metto? Uno zaino va bene. Allora prendo lo zaino e quando son lì tolgo le scarpe e le metto nello zaino. Ma non farà freddo coi piedi nudi? E se mi sporco i piedi? Certo che me li sporco! Me li laverò. E se mi faccio male? Quasi quasi non mi tolgo le scarpe. Sfilo simbolicamente, mica devo per forza togliermele. Eppure quelle donne e quegli uomini lo sono spesso, veramente, scalzi. Dovremmo essere come loro. Tutti. Almeno per mezz’ora. Per tutta la durata della marcia. Come quelle donne e quegli uomini senza niente. Senza più passato. Senza ancora futuro. Vanno via dalle guerre. Vanno via dalla fame. Hanno deserti da percorrere. A piedi nudi. E hanno un mare da attraversare. A piedi nudi. Piedi feriti, piedi insanguinati. Di donne e uomini. E bambini. Come Ayal. Quel bambino turco. Lui le aveva le scarpe. Sembrava uno dei nostri bambini. Vestito come loro. E’ stato come vedere uno dei nostri bambini su quella spiaggia. Per un attimo l’Europa si è fermata a pensare. E qualcuno, anche potente, forse ha capito. Forse avere la consapevolezza di cosa stanno provando quelle donne e quegli uomini, e quei bambini, con i loro piedi scalzi, se per un attimo anche noi proviamo a metterci nei loro panni, e anche noi, scalzi, proviamo a sentire coi nostri piedi il freddo o il caldo della strada, proviamo a sporcarci e ferirci e essere calpestati, allora, forse, possiamo capire. Ed accogliere. Dissetare. Sfamare. Vestire. Curare. E abbracciare. Per andare avanti.
Oggi si è sfilati scalzi per condividere la condizione di quanti sono in cammino in un lunghissimo e disperato viaggio della speranza.
Ora che abbiamo intuito – solo intuito – quanto sia dura, diamoci da fare per fornire scarpe a chi ne è privo, un tetto a chi dorme all’aperto, un posto umanamente dignitoso nelle nostre comunità.
Ricordiamoci che dobbiamo prepararci a lavorare sui tempi lunghi: non sarà una passeggiata risarcire tre secoli di spoliazioni, schiavitù, massacri.