Tutti felici a tavola? Domanda di Marilena
E’ ormai un anno che scrivo su Upper ricette accompagnate da contorno di suggerimenti e riflessioni.
Ho cercato di presentare ricette fatte con prodotti locali, genuini, di sicura provenienza.
I lettori avranno colto spero la semplicità degli ingredienti ed il taglio culturale con cui li servo a tavola.
Non so nulla di come siano stati accolti sia i miei umili scritti, sia gli esiti delle mie ricette.
Ma un’osservazione di Luciana sull’utilizzo di ingredienti alternativi a chi è intollerante o l’osservazione di Pina sull’esigenza di diete particolari mi hanno posto una domanda urgente:
ma siamo veramente felici a tavola?
Com’è il nostro rapporto con il cibo? Cosa sentiamo prioritario nella scelta o nell’obbligo di alimentarci?
Il sogno più bello è quello di poter mangiare di tutto e di più, sempre senza limiti, con la stessa
ingenuità di Adamo ed Eva. Una grande festa, come nei dipinti di Bruegel.
Ma non è così che funziona, purtroppo, visto tutte le malattie, le intolleranze, le allergie che dalla scacciata dal paradiso terrestre ci perseguitano.
Perché tutto ciò? C’entrano le nostre scelte alimentari per contribuire alla nostra salute? C’è una dieta perfetta, secondo la vostra esperienza? Mangiate di tutto? Non siete critici nella scelta dei cibi, non v i interessa sapere da dove arrivano e chi li confeziona per voi, chi e come ve li suggerisce (l’ha detto la
televisione!!). Pensate solo a scartarli e a mangiarli, convinti che tutti i cibi siano uguali e basti essere contenti quando si mangiano?
La salute è solo un dono del destino e noi non ci possiamo far niente?
Oppure: che confusione nella nostra testa e nella nostra pancia: questo fa male, questi due cibi insieme no, integrale sì, integrale no, niente carne, lo zucchero fa male, la frutta prima o dopo i pasti?
Il pesce è meglio, il tonno no, l’olio sì, il burro no, la dieta piramidale, no, la dieta mediterranea, o quella a zona, la macrobiotica, la vegetariana, la vegana…… e il biologico?: è solo una moda per gente ricca.
Ma c’è anche per molti la dieta dell’ultimo grido: la dieta del discount: mangi questa minestra o salti dalla finestra…
“Banchetto nuziale” di Bruegel il Vecchio (1568, Vienna, Kunsthistorisches Museum)
Non so se guardando quei carrelli ripieni di: “merendine, biscotti, surgelati precotti, pizze di ogni tipo, gelati, bibite, insalata lavata e già digerita, pomodori a Natale, confezioni di gamberetti, carne in scatola” mi sento così invidioso, questo perchè avendo lavorato nel settore alimentare, so bene quale siano le strategie che hanno portato alla ” creazione” di determinati prodotti.
Sia chiaro il mio non è un discorso che attiene tanto alla qualità, ritengo che abbiamo ancora la fortuna di vivere in un paese che tra i tanti difetti mantiene comunque il pregio di una maggiore attenzione verso i prodotti alimentari, anche in confronto ad altre nazioni europee, piuttosto alla capacità di saper valorizzare il gusto originale e quindi genuino di un alimento.
Spesso gli alimenti preconfezionati sono ricchi di aromi ed esaltatori di gusto, che tra le altre cose hanno lo scopo di creare una dipendenza dal prodotto, un po’ come il cacao nelle sigarette, oppure modificano la percezione cromatica in modo da far ritenere un alimento con un certo colore più appetibile, purtroppo questi espedienti “migliorativi” fanno dimenticare il gusto originale di un alimento, limitando la nostra capacità di gusto di osservazione e quindi di scelta.
E di godimento di un cibo genuino.
Ricordo qualche anno fa una trasmissione televisiva dove ad un gruppo di consumatori erano stati proposte diverse tipologie di wurstel, tra queste solo una era originale con il 95% di carne suina e conservanti naturali (spezie), alla domanda quale fosse il prodotto migliore e con la migliore percezione di gusto e qualità risultarono per i consumatori migliori quelli contenenti le dosi maggiori esaltatori di gusto e con la più bassa percentuale di carne suina.
Il “genuino” arrivò desolatamente ultimo.
Questo non significa che non possiate gustarvi su di un craker una nota marca di crema di “formaggio” dai molti gusti. 😉
Ma forse è preferibile una bella fetta di pane e stracchino Dop.
l’intervento di Luciana e di Valeria mi fanno sentire un po’ meno sola: infatti io credevo di essere un po’ matta a prestare così tanta attenzione al cibo, leggo le etichette, scelgo carni italiane, mangio yogurt biologico, cerco formaggi semplici, anxg’io non compro confezioni grandi in offerta, tanto ne spreco molto per esperienza. non ho certezze, e questo mi fa pensare molto. Mi sento meno libera e a volte guardo con invidia quei bei carrelli pieni che fanno la fila al supermercato davanti a me, pieni di merendinde, biscotti, surgelati precotti, pizze di ogni tipo, gelati, bibite, insalata lavata e già digerita, pomodori a Natale, confezioni di gamberetti, carne in scatola e gente felice che si sutpisce ancora che manchino i sacchetti di plastics alla cassa…. Un altro mondo è possibile?
Io faccio la vita della “studentessa” (dottoranda) fuori sede e vivo con un’altra ragazza a Pavia, ma spesso per orari differenti non mangiamo insieme o comunque ci cuciniamo cose diverse. Ci riforniamo presso supermercati, personalmente cerco di fare la spesa una sola volta alla settimana per motivi di organizzazione e di tempo.
Non compro molta frutta e verdura (so che sbaglio), ma cerco di controllare, così come per la carne, la provenienza italiana. Insomma mi regolo un po’ come Luciana, non comprando se vedo provenienze estere o se non sono sicura. Ovviamente mi rifiuto di consumare prodotti pronti tipo sughi o addirittura piatti stile 4 salti in padella, preferisco comprare gli ingredienti separati e fare io la ricetta come mi pare, condendo in maniera sana.
Spesso però gli studenti come i lavoratori sono costretti a mangiare fuori casa nelle mense e vai a sapere di cosa queste si forniscono.
E poi vorrei sottolineare un altro problema: quando faccio la spesa, più il pacco è grosso (tipo formato famiglia) più è conveniente. Ma per una persona che si cucina da sola questi pacchi sono deleteri, perchè ti costringono a mangiare sempre la stessa cosa o a farli scadere e quindi buttarli. Le confezioni a porzioni piccole o singole sono costose. Quando è possibile compro quantità in eccesso che poi metto in freezer, ma a volte mi è successo di sprecare del cibo (perchè magari per imprevisti sono costretta a mangiare fuori casa un paio di volte in più). Avevo letto da qualche parte che i consumatori “single” sono quelli che più spendono e più sprecano. E’ davvero un grosso peccato, e io cerco di stare attentissima.
La dieta ovviamente dovrebbe essere il più possibile variata, anche se io spesso preferisco pasta, pizza e dolci, quindi in eccesso di carboidrati e zuccheri. Da un po’ mi costringo a mangiare anche un po’ di carne e pesce alla settimana, che mi piace di meno, ma so che mi fa bene. Certo sarebbe meglio mangiare sempre prodotti biologici, ma non sempre li scelgo, probabilmente a discapito di qualità e salute lo so, ma sono pur sempre solo una dottoranda, eh eh.
Noi non riusciamo, per ragioni di tempo, a coltivare o allevare personalmente, per cui necessariamente dobbiamo acquistare buona parte di quello che mettiamo in tavola; inoltre spesso (quasi sempre) abbiamo poco tempo per cucinare, per cui la nostra dieta purtroppo non si sposa con quelle proposte da tecniche “slow food”, che comportano l’acquisto e la preparazione di cibi freschi e non ad esempio surgelati, o a lunga conservazione, o “pronti in tavola” come ad esempio gli insaccati o i piatti precotti. Oliviero è allergico al formaggio (ma non ai latticini, per fortuna); stante tutto ciò cerchiamo di seguire delle regole per mangiare il più possibile sano e gustoso, esempio:
qualsiasi genere alimentare compriamo cerchiamo di accertarci che sia di provenienza italiana, se non ne abbiamo la certezza NON COMPRIAMO. Le grandi marche molto spesso non danno alcuna garanzia in merito.
Per la carne, dove non è tracciata la provenienza dell’animale e dobbiamo andare “in fiducia” cerchiamo di farlo per conoscenza diretta del produttore o dai parenti che ancora allevano animali (c’è poco da fare: la Legge impone la non tracciabilità delle carni suine ad esempio, mentre per la nostra salute dovrebbe essere il contrario; spero che a fronte di quello che è successo in Germania qualcosa cambi alla svelta);
sul pesce è più difficile ma non impossibile: evitare pesci di provenienze indocinesi (che tra l’altro oltre ad essere a rischio inquinamento sono anche decongelati, quindi ti saluto gli omega3 e compagnia bella) e preferire il pescato italiano (che costa un botto) o l’allevato grecia o mediterranneo(che costa un po’ meno) o al limite l’Atlantico, ma sempre pesce fresco.
Sulle verdure vale quanto detto finora: primo l’orto di casa, poi quelli Bio locali e via discorrendo. Evitare le primizie fuori stagione, che normalmente come minimo maturano in frigo e inquinano mezzo mondo nel loro viaggio verso la nostra tavola.
Da tenere presenti sempre i BIO, i GAS, e le catene Equo e Solidale. Spesso l’apparente costo in più è ampiamente ripagato da qualità e rispetto per la Natura e la salute delle persone.
Siamo felici a tavola commento a Sergio
d’accordo su tutto e soprattutto su:
“siamo noi questo piatto di grano”, “siamo quello che mangiamo”
sono parole belle, ma in quale momento ci accorgiamo degli effetti sulla nostra salute del piatto di grano che scegliamo?
Il fondatore dello slowfood Carlo Petrini ha aggiunto un altro pensiero, che io amo molto: rivolto ai consumatori, ha espresso questo concetto: siete voi i contadini, perchè siete voi che determinate con i vostri consumi quello che si deve coltivare…….e allora come la mettiamo con la diossina in Germania? quali consumatori hanno chiesto quel prodotto? forse io, forse tu, forse voi, o quelli che raccolgono in buona fede le offerte in chiesa per le famiglie bisognose?
marilena
Si è parlato anche di qualità del cibo lunedì sera nella sede UPper.
Uno degli argomenti era la possibilità di dar vita a un gruppo d’acquisto solidale (GAS) a Monte Marenzo.
Ribadiamo il concetto di “solidale” di un Gruppo di acquisto, cioè nel momento in cui decide di utilizzare il concetto di solidarietà come criterio guida nella scelta dei prodotti.
Solidarietà che parte dai membri del gruppo (relazione tra di loro, sostegno, partecipazione) e si estende ai piccoli produttori che forniscono i prodotti, al rispetto dell’ambiente.
La qualità del cibo (e di un prodotto in genere) è anche qualità della produzione dello stesso, in cui ogni passaggio è etico e sostenibile dal punto di vista ambientale.
Tutto questo dietro un semplice piatto di pasta? (“Siamo noi questo piatto di grano”, diceva De Gregori).
E ricordatevi che “siamo quello che mangiamo”.
tutti felici a tavola? domanda a Pina
perchè prodotti di marca? quale sono i principi che ti guidano nella scelta? può essere utile capire per allargare la riflessione su ciò che ci alimwenta e ci rende sani. Anche i pacchi nella Chiesa dovrebbero avere il diritto almeno ad una minima oculatezza, per non fare ulteriore male
grazie per la tua pronta attenzione all’argomento, che io penso che sia attualmente fondamentale per la nostra felice sopravvivenza e mi permette di rilnnciare la palla, pardon il boccone, sulla tavola dei commensali
marilena
verissimo, io stò facendo una dieta x motivi di salute,stò mangiando di tutto anche cose mai mangiate frutta verdura cereali dolci caserecci(modica quantità),però la spesa la devo fare nei grandi supermercati con prodotti di MARCA, prima, frequentavo anche io i discount, però ricordiamo anche che qualcuno mangia solo i prodotti dei pacchi confezionati dal comune,con la raccolta viveri fatta da don giuseppe.