“Gavarot”. Il video di Carlo Limonta dove il lavoro diventa poesia
L’amico Carlo Limonta ci fa questo regalo.
Ha messo in rete il suo “Gavarot”, il video che racconta la fatica degli allevatori dell’Alpe Varrone che producono uno straordinario formaggio.
Oggi, primo maggio, festa dei lavoratori, il nostro pensiero va anche a loro e a quanti garantiscono con il loro lavoro la nostra sicurezza, la nostra salute, il nostro benessere.
Carlo ha già ottenuto diversi riconoscimenti con questo video. Ha seguito per giorni gli allevatori nei ‘calec’, i luoghi di lavoro che diventano “casa e letto”. E il suo racconto diventa, come in ogni suo video, poesia.
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Gavarot
Un film di Carlo Limonta
Vincitore del Premio Riccardo Cassin Orobie Film Festival 2018
Selezionato al Swiss Mountain Film Festival Pontresina 2018
Selezionato al Sestriere Film Festival 2018
Vincitore del Premio Legambiente Lunigiana Film Festival 2019
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Gavarot è il nome della famiglia che carica l’alpeggio con cui è conosciuta nell’ambiente degli allevatori.
Siamo in Alpe Varrone, Alta Valsassina, provincia di Lecco.
In agosto la breve stagione della monticazione raggiunge il suo culmine, figurato e di fatto; le vacche pascolano su erti pendii, le capre su coste quasi inaccessibili, governate sempre e comunque dall’esperienza del pastore che applica i principi del pascolo turnato.
I calécc, apparenti ammassi inanimati di pietre, ritrovano vita quando, circondati da animali e uomini, diventano caseifici, spogli ma essenziali, testimoni di riti caseari che affondano le origini nella notte dei tempi.
Forniti di coperture rimovibili che permettono incerto riparo agli occupanti, vengono utilizzati nei pochi giorni in cui la mandria sosta intorno ad essi; il pascolo, la mungitura, la lavorazione del latte nell’enorme caldaia, la cagliatura, il recupero della cagliata e la formatura hanno il calécc come unico riferimento fino al momento in cui il pastore ordina il cambio di scena.
Le immagini e i suoni testimoniano il rispetto del “cargamuunt” e dei suoi aiutanti verso l’ambiente circostante e dei mungitori verso gli animali, documentano l’utilizzo di strumenti di legno ormai scomparsi e la cura che il casaro pone nel trasformare il latte in un formaggio vincitore della medaglia d’oro alle olimpiadi del formaggio 2005.
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Clicca sull’immagine per avviare il video.
Desidero ringraziare Giorgio per le parole molto belle espresse nel suo commento al video ‘Gavarot’, soprattutto ha colto il senso di questa esperienza in un alpeggio che è “ingiustamente dimenticato”, come dice il sottotitolo del libro di Roberto Bonati a cui la narrazione liberamente si ispira .
Sono rimasti in pochi a produrre il Bitto rispettando a pieno i severi disciplinari, adottando un metodo di lavorazione che coinvolge l’ambiente, gli animali, il tempo e gli uomini in un’armonia incredibile.
Qui mettono in pratica il pascolo turnato o a stazioni, ogni giorno le mucche e le capre orobiche cambiano prateria sulla costa della montagna a circa 1900 mt mangiando ogni giorno erba fresca e profumata e non si sdraiano mai sui propri escrementi, il loro manto è pulito, vellutato. Per fare questo il lavoro è enorme e il risultato è un formaggio che è definito il re dei formaggi.
Il lavoro, sì proprio il lavoro che ha il valore aggiunto del rispetto. Verso l’ambiente gli animali gli uomini.
Ci sarebbero tante cose da dire, magari un’altra volta
Ad esempio una notte di temporale in alpeggio: noi in una malga di sasso, i pastori sotto il calecc con i cani sotto i fulmini.
Alpe Varrone – Val Varrone, provincia di Lecco.
Grazie ancora
Straordinario prodotto; come si fa a non premiare un video così emozionante e, allo stesso tempo, così preciso nel racconto di ambienti, persone, la lavorazione del Bitto, la vita difficile per animali e persone che si perpetua da sempre sulle montagne di casa nostra? Io immagino la reazione di uno straniero che si accosta ad un mondo così duro e faticoso – la poesia di Carlo non ci inganni facendocelo percepire idealizzato e privo di sforzo – vedrà un mondo distante e poco comprensibile in tempi di automazione e di negazione della fatica fisica. Ho molto apprezzato la cura della ricerca di tradizioni ataviche, il racconto piano e senza inutili orpelli, le riprese di cui immagino la complessità, la sensibilità che coglie dettagli illuminanti che raccontano il rapporto tra i pastori e gli animali, il montaggio di grande spessore…..credo non serva altro per commentare il prezioso regalo che Carlo ha fatto a tutti noi. Grazie. Giorgio.