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Il 25 Aprile è non essere indifferenti, ora come allora

In Piazza Municipale si è ritrovata unita la comunità per ricordare quel giorno di 77 anni fa, quando l’Italia ha ritrovato la libertà, conquistata la democrazia, grazie alle tante donne e uomini che non si rassegnarono all’indifferenza, che lottarono per l’amore e la dignità del proprio Paese.

Questa la commemorazione del sindaco Paola Colombo.

Oggi 25 Aprile si celebra il 77° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, un momento di festa ma anche di riflessione per far conoscere e riportare alla memoria i momenti che segnarono, dopo anni di dolore e di distruzione, la fine della guerra e della dittatura fascista.

La caduta del Fascismo iniziò nel 1943 con una serie di avvenimenti che portarono ad una inarrestabile crisi del Regime. Inoltre, molti giovani che non avevano mai conosciuto la democrazia ma aspiravano alla libertà e alla giustizia, si ribellarono all’orrore delle leggi razziali e spontaneamente dettero vita alla nascita delle formazioni partigiane.

Mentre gli americani e gli inglesi sbarcati in Sicilia risalivano l’Italia, le insurrezioni delle popolazioni dei territori ancora occupati imposero la resa ai tedeschi e ai fascisti, liberando le città di Bologna Genova e Venezia e poi tutta l’Italia settentrionale. 

La Liberazione mise fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra; la data del 25 Aprile rappresentò il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio di una fase di governo che portò prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica – consultazione per la quale per la prima volta furono chiamate alle urne anche le donne – e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione promulgata nel 1948.

La storia moderna del nostro Paese, e la conquista dei diritti civili sono nati dalla Resistenza, dalle battaglie e dal sangue che i giovani uomini e le donne di allora hanno versato, per la libertà e per la dignità dell’intera nazione.

Oggi, grazie a loro, noi viviamo in democrazia ma questa condizione non è comune a tutte le popolazioni del mondo. A pochi passi da noi abbiamo la terribile guerra che sta distruggendo l’Ucraina, ma vi sono anche altre regioni del pianeta in cui milioni di bambini, donne e uomini, vivono I’atroce esperienza della guerra, dell’oppressione, della persecuzione e della tirannia, regioni dimenticate da noi e dai media, perché di scarso interesse economico o politico, per il mondo ricco e potente di cui facciamo parte.

Un’altra guerra è la sanguinosa contesa dello stesso pezzo di terra tra Israele e Palestina che va avanti ormai da decenni con milioni di morti e senza che mai si sia riusciti ad arrivare ad una negoziazione risolutiva.

Poi c’è la guerra in Afghanistan dove i talebani dopo il ritiro improvviso degli Stati Uniti dal paese lo scorso agosto, hanno riconquistato il potere. E’ una guerra civile iniziata nel lontano 1978 che ha causato milioni di vittime e dove le forze politiche, religiose e i gruppi armati sono stati supportati prima dai Russi e poi dagli Americani per meri interessi di supremazia.

Troppe sono ancora le tentazioni di sopraffazione e di deliri di superiorità dell’uomo sull’uomo. Saremo veramente liberi se sapremo lottare per la libertà di tutti i popoli. Allo stesso modo se non rimaniamo indifferenti e se non voltiamo la faccia dall’altra parte di fronte ai piccoli profughi siriani accampati al gelo davanti alle frontiere chiuse o a chi muore ancora attraversando il Mediterraneo.

La politica della Comunità Europea ha assicurato la pace all’interno di un continente che è sempre stato dilaniato dalle guerre e che nel secolo scorso, ha conosciuto le più feroci dittature e provocato due guerre mondiali.

Non dobbiamo mai dimenticare che la ragione fondamentale del processo d’integrazione europea e dell’Unione è stata la PACE. L’Unione ci ha dato uno dei più lunghi periodi di pace della storia e rappresenta un esempio di speranza per milioni di persone in tutto il mondo.

Se chiediamo e vogliamo la pace per le nazioni in guerra, come ci ha ricordato don Angelo nell’omelia del giorno di Pasqua, dobbiamo anche noi impegnarci in prima persona nel nostro piccolo ad essere promotori di pace in famiglia, al lavoro o a scuola. Tanto più che abbiamo la fortuna di poterci impegnare senza alcun rischio di dover pagare il prezzo tremendo che è stato pagato da coloro che hanno combattuto per la nostra libertà.

II recupero della memoria storica e la conoscenza degli avvenimenti del nostro passato sono necessari ed indispensabili per comprendere meglio chi siamo e da dove veniamo perché una comunità senza memoria e senso di identità è troppo fragile di fronte alle sfide del presente e del futuro. Questa è la motivazione per cui ogni anno consegniamo e invitiamo a leggere la Costituzione della nostra Repubblica ai nuovi 18enni che saranno i cittadini e i protagonisti di domani: è un modo per avvicinare i giovani alla vita sociale, politica e civile del nostro Paese, un ruolo a cui tutti noi siamo chiamati.

Le nuove sfide che noi oggi, eredi di quegli ideali per i quali hanno combattuto i nostri padri, dobbiamo saper affrontare sono la difesa dei diritti dell’uomo: il diritto alla salute, diritto all’istruzione, i diritti all’infanzia, diritto alla pari dignità tra persone di culture e fede religiosa diverse, il diritto di parità tra i generi, il diritto al lavoro ma tutto ciò non potrà esistere se non facciamo rispettare l’art. 1 della risoluzione 33/73 dell’Assemblea generale dell’ONU   che sancisce il diritto di ogni Nazione e di ogni essere umano a vivere in pace.

Questi sono diritti che non hanno né bandiere, né colori, né lingue diverse, sono diritti dell’umanità intera!

Per rendere il giusto onore ai nostri caduti dobbiamo sempre lottare per la libertà, non con le armi ma con l’amore e con gesti di pace. Dobbiamo essere sempre riconoscenti a chi si è sacrificato ed è morto per donare a noi la possibilità di vivere in una società nella quale, oggi, possiamo liberamente esprimere la nostra opinione, professare la religione che desideriamo e possiamo esprimere il nostro dissenso di fronte alle ingiustizie. Il nostro dovere è quello di guardare con fiducia al futuro, di sentirci uniti nell’amore per la Patria italiana ed europea, uniti nell’orgoglio delle nostre tradizioni ma anche uniti nell’impegno a contribuire al progresso e alla pace di tutti i popoli del mondo. La solidarietà nei confronti delle persone più sfortunate di noi deve essere un valore fondante della nostra società. Solo attraverso la solidarietà che ha in sé i valori di fraternità, uguaglianza e libertà, possiamo parlare di democrazia.

Termino ringraziando gli Alpini perché ogni anno collaborano attivamente a questa cerimonia, ringrazio l’ANPI, i rappresentanti delle Associazioni e i cittadini presenti. Ringrazio don Angelo per la sua presenza e perché ci illumina sempre con la parola di Dio.

 W L’ITALIA, VIVA LA PACE E W LA LIBERTA!

Galleria fotografica a cura di Adriano Barachetti.

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