Incontro con Donata Miniati, modello “A scuola Senza Zaino”, secondo appuntamento del ciclo di incontri su “Nuove pratiche scolastiche”
Sabato mattina, 24 febbraio, in Sala civica a Monte Marenzo, si è tenuto il secondo incontro del ciclo “Nuove pratiche scolastiche”, organizzato dalla nostra Associazione UPper.
Sala civica affollatissima soprattutto da insegnanti della scuola primaria del territorio e, in prima fila, la Dirigente reggente dell’Istituto Comprensivo di Calolziocorte, Prof.ssa Luisa Zuccoli, a fianco del Sindaco Paola Colombo, in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale di Monte Marenzo che ha patrocinato l’iniziativa del ciclo di incontri che ha l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza del comprensorio, genitori e insegnanti, sul tema del rinnovamento delle pratiche scolastiche della scuola primaria, per un nuovo modo di vivere a scuola e la scuola.
Ricordiamo l’ultima data in programma del ciclo di incontri:
sabato 10 marzo, ore 10 – Metodo Pizzigoni: con Franca Zuccoli, ex Insegnante nella Scuola Rinnovata di Milano, Formatrice all’Università Bicocca.
Di seguito potete leggere una relazione di Valentina Chioda con le immagine scattate da Anna Radaelli che ringraziamo.
Incontro con Donata Miniati, modello “A scuola Senza Zaino”
3 febbraio 2018: incontro con Cinzia Vodret sulla didattica differenziata Montessori (qui il link al precedente incontro:
24 febbraio: incontro con Donata Miniati sul modello “A Scuola Senza Zaino”.
Perché nel medesimo ciclo di incontri?
Sembra scontata la risposta che vede entrambe le pratiche collocate nel filone delle scuole attive in cui l’insegnante si ritrae e il bambino è il costruttore dei propri apprendimenti attraverso il fare nel gruppo. Pure emerge una seconda risposta, più pratica e meno pedagogica e cioè che il nome “Scuola Montessori” e “Scuola Senza Zaino” siano sinonimi di qualità educativo-didattica e che subito informino e orientino il genitore nella scelta della scuola per il proprio figlio/a nel momento in cui debba valutare e riconoscere le offerte formative del territorio.
Ma c’è una terza ragione più pregnante, nascosta, ma profonda: entrambe appartengono a una certa filosofia dell’educazione che ruota intorno a movimenti culturali e pedagogici di educazione alla pace e alla non violenza. Infatti Maria Montessori fu un’instancabile conferenziera sul tema dell’educazione alla pace in un periodo in cui si educavano i bambini alla guerra e le bambine ai lavori domestici. Incontrò Gandhi durante un suo viaggio in Europa. Dovrà fuggire dall’Italia a causa della sua didattica considerata eversiva per il potere. E proprio durante questo esilio volontario si trovò prigioniera degli Inglesi in India mentre stava svolgendo alcune conferenze ospitata dalla Comunità teosofica. Studiò così le filosofie orientali e aprì una scuola con bambini di diversa estrazione sociale e diversa provenienza culturale. Da questa esperienza nasceranno molti testi tra cui Per un mondo nuovo del ’46 e Educazione e pace del ’49. Sono anni pieni di fermento. Anche Aldo Capitini si trovò a fare i conti col potere per le sue idee politiche e pacifiste, perse il lavoro rifiutandosi di prendere la tessera del partito fascista e andò in prigione. Conobbe Danilo Dolci che fu attivo in Sicilia e col quale condivise gli ideali sociali e intellettuali. Dopo la guerra Capitini farà parte di quell’ambiente fiorentino e toscano in cui il pensiero culturale e filosofico sarà imperniato sul tema della trasformazione della società civile attraverso l’educazione alla pace, alla partecipazione attiva, e attraverso la diffusione della cultura. Fu l’ambiente frequentato anche da don Milani che concretizzerà una nuova responsabilità civile nella comunità educativa di Barbiana. E fu l’ambiente frequentato pure da Idana Pescioli, insegnante che riuscì a collegare il mondo della scuola e il mondo accademico universitario.
Marco Orsi rappresenta l’incontro di questi due mondi: è un dirigente scolastico che ha frequentato i corsi Montessori e ha assorbito il respiro dell’ambiente fiorentino. Marci Orsi è l’ideatore del modello “A Scuola Senza Zaino”.
Donata Miniati, ex insegnante nella scuola Cinque Giornate di Milano, da otto anni nel movimento di “A Scuola Senza Zaino”, coordinatrice con Daniela Pampaloni della Rete SZ Lombardia con sede nella scuola polo di Milano, tutor e formatrice nelle nuove scuole a sperimentazione SZ, è l’ospite del secondo incontro a Monte Marenzo sulle pratiche innovative.
In particolare Donata Miniati ha accompagnato insegnanti, amministratori scolastici e politici, genitori e studenti universitari in un percorso di prima conoscenza del modello SZ. Innanzitutto riconoscendo in Marco Orsi la capacità di creare una sintesi delle ricerche e delle pratiche di più autori: da Montessori a Freinet e al Movimento di Cooperazione Educativa, da Dewey a Brunner, da Gardner a Vigotsckij, e a tanti altri. Orsi ha saputo mantenere un alto grado di consapevolezza nel collocare queste ricerche, questi modelli, queste pratiche, all’interno di una cornice filosofica dell’educazione che esplicita valori quali ospitalità, responsabilità e proprio quello di comunità che si manifesti attiva, responsabile, coesa e collaborativa.
L’esperienza del modello Senza Zaino può essere usato appunto come modello educativo-didattico, e/o vissuto come Associazione e/o praticato nella Rete Senza Zaino che fa capo alla scuola di Fauglia in provincia di Pisa.
In Toscana il progetto è nato nel 2002 e si è molto sviluppato negli anni successivi, basti sapere che le scuole in Toscana attualmente sono 126, 26 in Lombardia. In tutta Italia sono presenti in un numero considerevole tanto da destare l’interesse del Ministero e delle case produttrici di materiali e arredi scolastici. Nel prossimo anno altre 20 scuole entreranno a far parte della Rete: per aprire una nuova Scuola SZ è indispensabile avviare un corso di formazione per gli insegnanti e un tutoraggio negli anni successivi concretizzando un ambiente-aula particolare che induca attività specifiche e differenziate.
Senza Zaino prende l’avvio da una constatazione: in classe si è perso il senso concreto del fare, viene a mancare lo svolgimento di esperienze concrete, si è settorializzato il sapere in discipline, sono prevalsi i contenuti astratti in un’età in cui il bambino non è ancora pronto per farlo. Proporre esperienze del fare in gruppo, aprire le discipline e creare percorsi unitari non è affatto in contraddizione con le Indicazioni nazionali del 2012.
Togliere lo zaino al bambino rappresenta un’azione concreta, reale nelle scuole SZ, e al contempo simbolica come a rassicurare che a scuola c’è tutto ciò che serve per apprendere. Non ci sono zaini riempiti di quaderni riempiti di schede.
A scuola il bambino trova un ambiente adatto ad accoglierlo perché strutturato per educarlo all’autonomia e alle relazioni, curato per maturare il senso di responsabilità e condivisione, flessibile per adeguarsi a diversi intenti formativi, inclusivo delle differenze individuali di ognuno, senza etichette. Il bambino è consapevole del perché svolge un determinato compito o incarico ed è responsabile nella gestione del suo lavoro che porta vantaggi alla comunità-classe, è coinvolto nel personale percorso di apprendimento… Anche l’insegnante è responsabile della propria professionalità, cosciente della scuola vissuta e organizzata come sistema integrato, cioè capace di integrare diversi livelli e aspetti: idee di scuola, metodi resi espliciti, intenti condivisi, organizzazione coerente e praticata con gli altri. E’ un approccio globale al curricolo perché non è solo un curricolo disciplinare, ma globale. Di una comunità di pratiche in cui ognuno rispetti i valori di ospitalità, responsabilità, comunità e operi all’interno di un ambiente organizzato. In cui ognuno renda conto del proprio lavoro differenziato, sia d’insegnante che di bambino. Lavoro non più settoriale, ma globale intorno a un nucleo che liberi dal lavoro sul quaderno. La progettazione non si presenti lineare e prevedibile, ma per mappe mai definitive, la valutazione sia formativa- descrittiva e fondata sull’osservazione e i feed-back dei bambini, non quantitativa con giudizi e voti.
Tutto questo è stato mostrato attraverso un interessante filmato realizzato in una classe di bambini con i loro insegnanti e alcune slides. Si è compreso meglio l’uso concreto dello spazio e degli arredi di una classe Sz, nonché dei ricchi materiali, degli angoli e dei pannelli, ma anche dei tempi e dei rituali quotidiani e dei lavori a coppie e a piccolo gruppo nei tavoli a gruppetti anziché nei banchi, dove la cattedra sparisce e l’insegnante si muove trai bambini; è la classe delle conversazioni di gruppo in agorà, del gioco, del riordino, …
La motivazione del bambino è intrinseca perché informato e partecipe del percorso, autonomo e con ampi margini di libertà. Coinvolto in esperienze autentiche.
Cosa c’è di nuovo? Nullaaaaaa!!!!!!
I materiali, le idee, le pratiche, … fanno parte della cultura pedagogica da molti anni!!!!!
Ma… spesso oggi vengono applicati da teams di docenti o dal singolo docente che ricercano consapevolmente il curricolo globale e integrato.
Allora è un modello inutile? Assolutamente no.
LA NOVITA’ CONSISTE NEL METTERE IN UN SISTEMA ORGANICO QUESTO MODELLO!
Non è il team fortunato ad applicare una didattica attiva.
E non è poco! Per l’istituzione scuola è una scelta di forte cambiamento.
Il cambiamento consiste nel creare un ambiente scolastico che in modo organico e diffuso sia cooperativo, solidale, partecipe e non competitivo perché il bambino sia felice di praticare la scuola e diventi un futuro cittadino attivo, responsabile e autonomo come lo era a scuola.
L’appropriatezza d’uso dei materiali e dell’organizzazione del tempo e dello spazio sono molto importanti. Far parte della Rete garantisce formazione e gradualità nell’applicare il modello. Rispetto alla didattica Montessori, nelle scuole SZ la differenziazione delle attività e la individualizzazione dei bambini si raggiungono gradualmente, mentre si impara ad applicare il modello. Le attività sono scelte ancora molto dall’ insegnante anche se il bambino è coinvolto e consapevole di ciò che sta facendo, i materiali sono didattici e non di sviluppo. La visione olistica è maggiore e più profonda nella Montessori, la relazione col bambino è basata su una profonda conoscenza delle simbologie e degli impliciti emozionali e comportamentali.
Anche nelle scuole SZ è necessaria una seria formazione dei docenti interessati e un grosso lavoro del Dirigente scolastico nel compito oneroso di creare sistema. Indispensabile è che il Dirigente si ponga come leader educativo e pedagogico.
Un primo passo è la manifestazione d’interesse che non vincola l’Istituto, ma permette di iniziare ad avere dei supporti per capire meglio il modello e poi eventualmente per portarlo a una futura applicazione.
Donata Miniati referente Rete SZ Lombardia c/o Istituto Gonzaga di Milano
Valentina Chioda
Le foto sono di Anna Radaelli che ringraziamo.