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Emergenze

Il coronavirus ha messo in allarme il mondo intero. Tutti stanno adottando le misure adeguate per circoscrivere il contagio, curare le persone colpite e, con previsione di tempi relativamente lunghi, mettere a punto un vaccino efficace.

L’Italia non è seconda a nessuno per affrontare questo tipo di emergenza, visto che non è poi così lontano nel tempo (1973) l’incubo del colera a Napoli.

Da noi e sino ad ora il virus è stato diagnosticato a pochissime persone e non si è verificato alcun decesso.

Però la percezione del pericolo è così diffusa e acuta che sta alterando alcuni comportamenti. Alcuni decisamente idioti, forse si potrebbero definire criminali, come l’aggressione a cittadini con profili asiatici, altri più innocenti come evitare ristoranti, negozi, o altri luoghi di aggregazione dove si ritiene possibile essere contagiati.

Il coronavirus, non riuscendo ad espandersi clinicamente, ha trovato nei media un formidabile acceleratore per la diffusione della paura. Ha il privilegio delle prime pagine, riempie i palinsesti dei notiziari e dei talk show, impegna in dotte illustrazioni centinaia di esperti. Anche i politici non perdono l’occasione di dichiarare: da quelli impegnati a governare l’emergenza, a quelli che confidano nel coronavirus per recuperare qualche punto percentuale nelle prossime elezioni regionali.

Tante energie e azioni (più che giuste), tanta partecipazione emotiva, tanto impegno degli attori sociali, vorremmo venissero impiegati per un virus che in Italia si sta rivelando particolarmente devastante, se non nel numero dei contagiati certamente in quello delle persone decedute: 103 nel 2019, già 12 dall’inizio dell’anno.

Sebbene sia stato diagnosticato da tempo e studiato in tutti i suoi aspetti non è stato possibile mettere in campo delle cure risolutive e tantomeno sintetizzare un vaccino. L’estrema pericolosità è dovuta al fatto che si diffonde da un portatore sano, esclusivamente maschio, mentre i contagiati sono unicamente donne, che nella quasi totalità dei casi muoiono in circostanze tremende.

Da profano, rilevo che il portatore sano viene messo in quarantena anche a lungo, ma solo dopo che la persona convivente di sesso opposto è deceduta per aver contratto il virus. Eppure in letteratura specialistica sono descritti tutti i sintomi che consentirebbero di individuare il portatore sano in fase acuta: irritabilità, aggressività, gestualità tendente alla brutalità. Sempre a mio parere questo sarebbe il momento giusto per allontanare il portatore sano, metterlo in quarantena il tempo necessario a curarlo dal virus letale che porta dentro.

Il nome scientifico del virus? Femminicidio.

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